È un comparto in continua espansione quello della viticoltura biologica, cresciuto in un solo anno in Trentino ben del 20 per cento. I dati dell’Ufficio per le produzioni biologiche della Provincia autonoma di Trento parlano chiaro: la superficie del vigneto biologico a fine 2018 ammontava a 1162 ettari, 193 in più rispetto al 2017. Il punto è stato fatto ieri, alla FEM, nell’ambito della tradizionale giornata tecnica dedicata alla viticoltura biologica dove sono stati presentati i principali risultati delle sperimentazioni con la visita alle prove nel campus di San Michele. Dall’incontro sono emersi buoni risultati raggiunti sia dalla sperimentazione sia da quanto attuato in campo dai viticoltori biologici riguardo la difesa da peronospora e oidio. Oggi la FEM torna in campo alle 8.30 per incontrare il mondo agricolo, ma a parlare di sperimentazioni in frutticoltura di fondovalle a Maso delle Part.
Ad aprire i lavori è stato il presidente FEM, Andrea Segrè. “Il biologico -ha evidenziato- è senz’altro un metodo di produzione di grande interesse e la scienza ha proprio il compito di valutare quali sono le migliori condizioni per applicarlo, tenendo conto delle specificità territoriali, ambientali e sociali. Del resto, il biologico rientra a pieno titolo sotto il più ampio cappello dell’agricoltura sostenibile. Esistono dunque altri sistemi di produzione che possono essere visti non in un’ottica competitiva o alternativa, bensì complementare. A San Michele ci muoviamo verso un’agricoltura sostenibile. Un termine-ombrello, accogliente ma dai confini ben delineati, sotto il quale c’è spazio scientifico per tutti gli approcci che promuovono un uso responsabile ed efficiente delle risorse naturali”. Segrè ha spiegato che la viticoltura ha fatto da pioniere nell’ambito della gestione biologica: quello che 15 anni fa poteva sembrare difficile, a volte anche impossibile, ora si è dimostrato che si può fare. “Con gestione agronomica oculata, scelta di varietà e luoghi vocati, bioagrofarmaci e confusione sessuale la viticoltura biologica è diventata una realtà per molti agricoltori. Questo è stato possibile grazie all’impegno e alla dedizione di molti tecnici e ricercatori: perché il progresso è sempre legato alla conoscenza. E la ricerca rimane sempre lo strumento chiave. Adesso c’è la sfida della sostituzione del rame, ma anche su questo solo la ricerca potrà e dovrà dare gli strumenti adatti”.
Dalla qualità biologica del suolo con Marco Ippolito ai gradi di stabilità del carbonio organico in suoli viticoli a diversa gestione con Raffaella Morelli, dal punto quantitativo sul rame con Cristina Micheloni – Presidente AIAB Friuli Venezia Giulia alle prove in pieno campo per il controllo di peronospora e oidio con Luisa Mattedi; infine controlli e situazione fitosanitaria 2019 nelle aziende biologiche in Trentino con Roberto Lucin. Questo incontro, moderato da Roberto Zanzotti, rappresenta un appuntamento ormai fisso per viticoltori e tecnici che si occupano di biologico non solo del Trentino Alto Adige ma anche di altre regioni dell’Italia. Nel corso della giornata vengono infatti presentate le attività svolte dall’Unità Agricoltura Biologica della FEM in diversi ambiti della viticoltura, che quest’anno hanno interessato in particolare la gestione del suolo e le tecniche di difesa, senza trascurare le novità normative relative ai regolamenti europei che disciplinano il settore biologico. Le tematiche affrontate nelle prime due relazioni tecniche hanno riguardato gli effetti del sovescio sulla qualità biologica e sulla frazione di carbonio stabile del suolo. Queste sperimentazioni sono finalizzate alla diminuzione degli apporti esterni e alla conservazione della fertilità dei sistemi agricoli così come imposto dal Regolamento relativo alla produzione biologica.
Nel corso dell’incontro si è anche parlato di rame alla luce delle recenti limitazioni introdotte, che ne prevedono un impiego massimo di 28 kg/ha in 7 anni, quindi una media di 4 kg/ha annuali. Nell’ultimo anno diversi prodotti alternativi al rame sono stati proposti per l’inclusione nel regolamento europeo tuttavia, nessuno ha mostrato potenzialità tali da rappresentare un valido sostituto del rame stesso. In questa prospettiva, si configurano come strettamente necessarie sperimentazioni atte a scongiurare una sua ulteriore riduzione o un suo completo abbandono ma che prevedano la riduzione dei dosaggi impiegati. Su questo punto sono state illustrate le prove condotte in vigneto per la difesa da peronospora con bassi dosaggi di rame e sostanze alternative per cercare di ottimizzarne l’efficacia e diminuirne gli apporti annuali. Sono state presentate inoltre prove relative al controllo dell’oidio con zolfi e prodotti alternativi.