I vini valdostani tra terrazzamenti e tanti giovani
Percorrendo l’autostrada che da Torino porta ad Aosta già al confine tra il Piemonte e la Valle si inizia a scorgere un panorama che mi ha sempre affascinato. Potrei addirittura dire di amarne anche i difetti, ammesso che ce ne siano di eloquenti. Dalla bassa fino all’alta Valle si possono ammirare castelli e vigneti eroici che distolgono lo sguardo dal volante dell’auto: meglio se si è passeggeri e non conducenti.
Sono anfratti territoriali a volte dai contorni fiabeschi, mentre in altri momenti lo sguardo consente di percepirne il passato nobile e glorioso. La viticoltura valdostana si caratterizza proprio per la grande difficoltà che i produttori incontrano nel produrre quelle uve che si trasformeranno in deliziosi vini.
Un tempo qui, sulla terra della più piccola regione d’Italia, di ettari vitati se ne contavano a migliaia, oggi sono poco più di 400. Ettari di vigneti su cui viene coltivata una miriade di vitigni, autoctoni e non, un caleidoscopio di uve con le quali si realizzano poche bottiglie ma decisamente interessanti. La produzione della Valle oggi si attesta all’incirca sui 2 milioni di bottiglie l’anno che per lo più vengono servite e vendute sul posto grazie ai tanti turisti che la raggiungono (circa il 70% dell’intera produzione).
Ci sono tornato di recente, proprio per incontrare ancora una volta quel mondo enologico eroico di montagna, con i suoi terrazzamenti, i suoi muretti, le sue svariate sfumature declinate ad arte dalle tante cantine. Non solo, l’ho fatto per entrare in contatto con un progetto ben delineato che ha visto la luce negli anni 2018-2021. Vi parlo, anche se in forma abbreviata, di un progetto di cooperazione territoriale transfrontaliera tra Italia e Francia (ALCOTRA) “Vi.A. – Route des vignobles alpins” che punta a sviluppare un turismo sostenibile, innovativo, capace di valorizzare anche le stagioni meno frequentate, offrendo uno spazio turistico tematico in grado di valorizzare l’unicità dei territori dal punto di vista enologico, gastronomico, geografico, storico, e culturale.
Non mi dilungo, come vi ho detto, su tutti i punti dell’iniziativa, mi adopero invece nel raccontarvi questo mio ultimo soggiorno in Valle d’Aosta, al fine di evidenziare ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, un territorio godibile in tutte le stagioni dell’anno. Una regione che non è solo una valle ma un insieme di valli ricche di paesaggi naturali, dimore e castelli, musei e siti archeologici, buona gastronomia e ottimi vini.
E’ stato nel piccolo paese di Perloz, posizionato all’inizio della Valle del Lys, che ho iniziato il mio viaggio attraverso la Strada dei Vigneti Alpini della Valle d’Aosta. Qui, all’Osteria Mansio 1695, i primi corroboranti contatti con l’enogastronomia locale. Un carosello di affettati tipici come il lardo e la mocetta, la celebre fontina ed altri prodotti caseari del posto; la carbonada, una ricetta tipica della Valle d’Aosta a base di carne bovina e la polenta concia. Il tutto annaffiato, o meglio, accompagnato da un piacevole Fumin. Con il Fumin inizio anche a citarvi alcuni dei tanti vitigni e vini valdostani.
Dopo il break culinario eccomi con i piedi sui vigneti storici della bassa Valle. Di fatto sono a Donnas un comune che vanta un’antica tradizione nella coltivazione della vite. Numerosi documenti storici lo testimoniano, tra cui uno del 1214. Fu invece nel 1800 che Napoleone ebbe l’opportunità di conoscere meglio il vino di Donnas. Per conservare queste nobili tradizioni vinicole un gruppo di viticoltori, nel 1971, dopo aver ottenuto la DOC, si è costituito in cooperativa con lo scopo di tutelare e garantire la qualità e genuinità del vino. Oggi la cooperativa, la Caves de Donnas, lavora circa 1700 quintali di uva e produce 120.000 bottiglie annue. Parlo di vini bianchi e rossi, rosé e spumanti. Pinot Gris, Nebbiolo e Nebbiolo Picotendro.
I vigneti della bassa Valle rispondono in pieno alla definizione di “Vigneti eroici” in quanto collocati su terrazze e gradoni con una pendenza superiore al 60%. Sono queste estreme condizioni morfologiche che hanno obbligato da sempre l’uomo ad un lavoro faticoso in ogni sua fase, tutto rigorosamente effettuato a mano su scalini secolari che si differenziano tra loro nella misura; alzate che possono variare dai 10 ai 32 centimetri imponendo un passo sempre differente. Gli stessi terrazzi sono diversi, alcuni più in piano, altri meno.
Su questi terreni strappati con il sudore alla montagna non è difficile imbattersi in un essiccatoio per le castagne chiamato Crehe o Grâ, oppure in un Bermat scavato nella roccia: sono strutture usate come cantine per il vino, da deposito per gli attrezzi, o anche per la raccolta dell’acqua che servirà nel vigneto.
Dopo le vigne storiche un salto al Museo della Vite e del Vino sempre a Donnas. In questo luogo di squisita cultura contadina mi sono accomodato per degustare i vini della Cave de Donnas e di altre due piccole realtà produttive: l’Azienda vitivinicola Pianta Grossa di Donnas e la Cantina Château Vieux di Pont-Saint –Martin. Vini Nebbiolo per le prime due, Nebbiolo e Pinot Gris per la terza.
A degustazione ultimata trasferimento ad Aosta per la cena e il pernottamento. Per la cena un locale del centro cittadino, ovvero l’Osteria di Aosta. Piatti più ricercati ma dalla marcata presenza tradizionale. L’indomani di buon ora una visita al Pont d’Ael, località in cui sorge un ponte acquedotto di epoca romana sul torrente Grand Eyvia.
L’imponente struttura lascia meravigliati i visitatori per il suo straordinario stato di conservazione e il pregevole impatto storico paesaggistico. L’infrastruttura venne progettata con un doppio passaggio e pensata per un duplice utilizzo. La parte superiore, pavimentata con grosse lastre litiche e impermeabilizzata, consentiva il passaggio dell’acqua, mentre un altro camminamento inferiore, areato e luminoso, permetteva il transito a uomini e animali. Il ponte acquedotto, ormai monumento, è datato all’anno 3 a.C. e attribuito all’imprenditore padovano Caius Avillius Caimus.
Dalle testimonianze romane al XIII secolo qui il passo è molto breve. Dal ponte al castello, da Caius Avillius Caimus agli Challant, principale famiglia nobile della Valle d’Aosta legata ai Savoia. Una visita all’affascinante castello di Aymavilles. Il castello situato nell’omonimo comune è posizionato su una collina circondata da vigneti lungo la strada per Cogne. Decisamente unico nel suo genere concentra nell’aspetto esteriore fasi medievali e barocche, frutto delle iniziative architettoniche dei diversi membri della famiglia Challant che nel corso dei secoli hanno adattato l’edificio alle esigenze e al gusto dell’epoca. La storica dimora è stata interamente ristrutturata ed è aperta al pubblico: vale veramente la pena di farci un salto.
A pochi passi dal castello si trova la sede del Consorzio Vini Valle d’Aosta ed è all’interno di questa location che mi sono riaccomodato per un’altra pregevole degustazione di svariate tipologie di vini. Petite Arvine, Chambave Muscat, Torette, Cornalin, Fumin, Vuillermin. Vitigni Petite Arvine, Moscato Bianco, Petit Rouge, Cornalin, Fumin, Vuillermin a riconferma delle tante uve presenti in Valle. Le media dei vini mi è sembrata decisamente alta e di qualità: vini piacevoli, puliti, dai profumi intensi e dai sapori ben delineati.
In un altro locale della struttura che ospita la sede del Consorzio ho avuto il tempo, a degustazione ultimata, di seguire le premiazione dell’edizione 2022 del Concorso Modon d’Or per la migliore Fontina d’alpeggio. L’iniziativa, organizzata dall’Assessorato in collaborazione con la Chambre valdôtaine des entreprises et activités libérales e con il supporto tecnico-scientifico del Consorzio Produttori e Tutela della DOP Fontina e della Cooperativa Produttori Latte e Fontina, mi ha riportato indietro di un anno. L’anno scorso infatti ho girato un servizio TV interamente dedicato al celebre formaggio. In tanto le ore sono passate ed è arrivato il momento del break di mezzogiorno. Crespelle gustosissime presso la Vinosteria Antirouille di Aymavilles.
Da Aymavilles a La Piagne (Morgex) dove le uve vengono coltivate alle altitudini più elevate del continente. Anche qui i terrazzamenti e i muretti sono la cornice creata dalla mano dell’uomo per le viti. Quei terrazzamenti che, per ridurre la pendenza dei terreni, sono sostenuti dai muretti edificati a secco. Il vantaggio di questa pratica è quello di ottenere una superficie coltivabile che però impedisce ogni utilizzo di meccanizzazione. Questi manufatti possono raggiungere un’altezza di 4 metri e sono collegati fra loro da ripidi scalini di pietra.
Siamo dunque nell’ultimo tratto della Valle d’Aosta, ai piedi del Monte Bianco, dove la coltura della vite si innalza ad altezze proibitive raggiungendo i 1200 metri. Ci troviamo tra i vigneti più alti d’Europa. La zona di coltivazione si estende nei territori lungo la sinistra orografica della Dora Baltea nei comuni di Morgex e La Salle. Il Vallée d’Aoste D.O.C. Blanc de Morgex et de La Salle è prodotto utilizzando esclusivamente il vitigno Prié Blanc biotipo Blanc de Morgex, unica varietà autoctona valdostana a bacca bianca selezionata naturalmente attraverso i secoli. E allora, di conseguenza, degustazione di vini autentici ed originali della Cave du Mont Blanc e dell’azienda agricola di Nathan Pavese proprio presso la Cave du Mont Blanc.
Il tempo trascorre veloce, soprattutto quando si è in buona compagnia e con ottimi prodotti enogastronomici. Dopo la degustazione il rientro ad Aosta per la cena. A La Ferme Gourmande ho apprezzato molto una battuta al coltello di razza bovina valdostana, abbinata ad un vino bianco; un blend di uve bianche denominato Prémisse. Poi il frincandò, ovvero un secondo piatto, sempre a base di carne valdostana, accompagnato da un blend di uve rosse. Non sono mancate altre portate, ma in questo caso mi soffermo volentieri nel decantarvi il vino e la carne del posto.
L’indomani mattina ho affrontato l’ultima tappa del mio ritorno in Valle. Una visita doverosa al Forte di Bard, imponente fortezza che sovrasta l’intero borgo riedificata nel XIX secolo da casa Savoia e che ha ospitato alcune scene del film Avengers: Age of Ultron della celebre Marvel. Al suo interno il bellissimo Museo delle Alpi, ovvero uno spazio museale all’avanguardia dove suoni e video proiezioni permettono al visitatore di immergersi appieno nella cultura alpina. Se andate a visitare il Forte non dimenticate di prendere visione anche delle prigioni. Per una pausa culinaria, come ho fatto io, sempre all’interno della storica struttura trovate il ristorante La Polveriera. Deliziosi gli gnocchi al blu di montagna e noci.
Ci sono tornato con grande piacere. La Valle d’Aosta che, grazie al mio lavoro, ho vissuto in molteplici occasioni attraverso luoghi, prodotti e persone. In sogno mi sarebbe piaciuto arrivarci in volo, come un aquila di montagna, per respirare a pieni polmoni quei castelli e quei vigneti. L’ho fatto in auto e ringrazio la Regione Valle d’Aosta e i suoi tecnici per avermi ospitato, così come ringrazio le cantine che ho abbracciato degustandone i vini. La Crotta di Vigneron, la Cave de Donnas, Matthieu Betemps, Rosset, la Cave du Mont Blanc, Nathan Pavese, Institut Agricole Régional, la Cave Des Onze Communes, Grosjean, Ottin, Les Crêtes, Lo Triolet, L’Atoueyo, Di Francesco Gasperi e naturalmente il Consorzio.
Ma, in chiusura, in grande grazie lo vorrei rivolgere ai tanti giovani che ho incontrato, ragazze e ragazzi con amore e dedizione affrontano le difficoltà della coltivazione di montagna per continuare a dare vita al vino valdostano. I 400 ettari possono essere ampliati, e i 2 milioni di bottiglie possono diventare 3. Un buon motivo per augurare a loro buon lavoro di tutto cuore.
Fabrizio Salce