Era una mattinata troppo bella per prostrarmi alla tastiera del computer. No, non avevo nessuna voglia di scrivere e me ne andai sulla promenade, da solo, e quando giunsi alle sedie blu mi sedetti e iniziai ad osservare il mare. Pensai al mio lavoro, agli errori e ai successi del passato, al mio modo di esternare, di raccontare, di cercare di comunicare le mie sensazioni. Mille immagini in rapida sequenza e poi più lente nella mente. Volti, situazioni, atmosfere, delusioni e soddisfazioni. Mi apparve la mia cantina con le bottiglie schierate in ordine come soldati sul campo di battaglia, poi la visione si soffermò sulla vetrina dei modellini di auto d’epoca, anche loro ben disposti e ordinati.
Vidi una rossa Duesenberg SJ Speedster “Fishtail” del 1933, auto americana frizzante e sportiva, soprannominata “Fishtail” per la forma della coda e caratterizzata dalla netta separazione tra la carrozzeria e i parafanghi. Raggiungeva i 200 Km orari. Frizzante pensai, come una buona Passerina Brut metodo Charmat, con il suo perlage e il colore giallo luminoso. Le note di frutta bianca al naso e quella sapida freschezza al palato. Persistente e gradevole, ottima in svariate situazioni dall’aperitivo al fine serata.
La visione si spostò sulla Bugatti Royale. Venne costruita in soli 7 esemplari dal 1927 al 1933, fu chiamata la vettura dei Re e lanciata sul mercato come vettura superlusso ad un prezzo iperbolico per i tempi. Era garantita a vita al suo proprietario che poteva avere le riparazioni gratis in tutto il mondo. Garantita, come una bottiglia di Offida D.O.C.G. Pecorino. Mi è sempre piaciuto come vino con quel suo colore giallo paglierino brillante, la sua elegante struttura impreziosita dai profumi della frutta e della vaniglia. Un sapore persistente, armonioso e suadente. Degno di un intrigante momento di squisito piacere.
I raggi del sole scaldavano il mio viso e il sound delle onde accompagnava i miei pensieri. Le tante persone sulla passeggiata in alcuni frangenti mi rievocarono vecchi anfratti di gloria della costa. Fu in quell’istante che vidi nella vetrinetta delle auto una Delahaye 135 m vettura Chapron del 1938. Un’auto dalla carrozzeria più che graziosa disegnata da Henri Chapron. Risultò ai suoi tempi come una delle più seducenti e veloci vetture francesi del 1938. Seducente come un buon bianco pensai. Tornai con il pensiero al Pecorino e alla sua capacità di essere versatile, elegante sì ma anche decisamente fresco in alcune sue declinazioni. Un vino che non deve mancare in cantina.
Che strano modo di abbinare i vini, che giochi affascinanti regala la mente. Se con la auto viaggiavo per il mondo con le bottiglie ero concentrato su una terra ben delineata. Enologicamente parlando ero nelle Marche, una regione che ho sempre amato, dal primo press tour di oltre 25 anni fa, quando scrissi “Le colline che respirano il mare”, all’ultimo di soli due Natali passati, quando editai uno speciale sul Piceno. Una regione che merita di essere scoperta perché offre tutto al turista. Storia, arte, cultura, montagne e colline, mare e fiumi, piatti e vini unici.
E poi, in verità, il connubio auto di un tempo e vini di oggi c’è ed è profondo. La tecnologia avanzata e ricercata dai costruttori meccanici di allora e quella dei produttori di vino di oggi, senza mai trascurare l’artigianalità e la voglia di offrire prodotti di grande qualità.
Come i vini che immaginai quella mattina, vini marchigiani di una grande Azienda nata nel 1984 che ha saputo negli anni evolversi, crescere ed essere oggi un pregiato biglietto da visita del vino marchigiano e italiano. Sto parlando della Velenosi Vini e delle sue espressioni di cantina. Vini che rappresentano un territorio in oltre 50 paesi del mondo raccontando una regione e una storia di vita, una passione e un’arte capace di fare sognare.
Sognavo anche io ad occhi aperti seduto su quella sedia blu di fronte al mare. Fu così che decisi un altro abbinamento. L’auto una Duesenrbrg “SJ” torpedo phaeton del 1934 dotata di un motore a 8 cilindri in linea poco al di sotto dei 7 litri, quattro valvole per ciascun cilindro mosse da un doppio albero a camme in testa azionato da catene. Preziosa, elegante, importante come un Rosso Piceno D.O.C. Superiore. Che bel vino! Il rosso rubino del suo colore, il profumo intenso dalla giusta complessità con quelle note di tabacco e liquirizia. In bocca ben strutturato e decisamente armonico, ideale compagno per piatti importanti.
I vigneti della Velenosi Vini sono dislocati su più punti del sud delle Marche con una parentesi produttiva che sconfina in Abruzzo: quel centro Italia da scoprire e godere. Molte sono le etichette prodotte e svariati i vini. Pecorino, Passerina, Rosso Piceno, Verdicchio, Cerasuolo d’Abruzzo, Falerio, Chardonnay, Trebbiano, Moscato Bianco, Lacrima Nera, Montepulciano d’Abruzzo e altri ancora. L’Azienda ha un mercato che si suddivide tra Italia ed Estero, 30% nazionale e 70% internazionale.
Pensai ancora all’elegante Rosso Piceno D.O.C. superiore in un’altra espressione della cantina. Mi venne spontaneo abbinargli una splendida Bugatti Royale mod. 41 1926/1928 Coupè dotata di motore a 8 cilindri in linea da 14.726 cc. 300 CV a 1700 giri, un peso di circa 2000 Kg e veloce da raggiungere i 180 Km orari. Un auto che merita un grande vino rosso.
Si avvicinò l’ora di pranzo, era tempo di alzarsi e rientrare al dovere, ma dovevo prima finire il mio viaggio immaginario. Pensai ancora ai tanti vini della Velenosi, ai miei viaggi su quella terra, alle tante persone gentili ed ospitali che ho avuto il piacere di conoscere. Era giunto il momento di un ottino Cerasuolo d’Abruzzo. Quale auto poteva dunque andare per il meglio? Semplice pensai. La Famiglia Velenosi è italiana, ha una storia fatta di lavoro, impegno, passione e grande volontà, si può solo abbinare una Bugatti e sapete perché? Perché la Bugatti nacque a Milano da una famiglia di artisti e, credo siate d’accordo, fare vino è un arte.
Cerasuolo dunque e una meravigliosa Bugatti 5000 cc modello “t 50” del 1932, un modello che fu tra le auto sportive e di gran lusso che riscontrò maggior successo. La casa automobilistica Bugatti produsse tra il 1909 e il 1930 circa 10 mila vetture.
Mi alzai e mi diressi verso casa. Avevo immaginato, forse un pochino follemente, ma mi ero divertito. Non posso permettermi una vettura di quegli anni, ma posso gioire dei grandi vini di una importante cantina, vini veri, buoni e sinceri. Lo posso fare e ne sono felice perché ancora una volta ho la consapevolezza che ci sono persone che sanno abbinare al proprio lavoro l’amore per la propria terra.
Fabrizio Salce