Una splendida dimora storica sabauda, un vitigno e, di conseguenza, un vino con secoli di vita alle spalle, una vigna metropolitana, la calda temperatura estiva e una vista su Torino affascinante. Le Mole Antonelliana, simbolo della città, la grande Piazza Vittorio Veneto, il Monte dei Cappuccini, la Gran Madre di Dio e sullo sfondo le montagne e l’ovest, ovvero il passaggio di sempre verso la Francia, dove ai tempi della Torino Romana sorgeva la porta Segusina.
Sono forse attimi di surrealismo del passato, di pazzia del frigorifero come amava dire Lawrence Durrell, celebre scrittore britannico, nel definire la savia follia surrealista, o momenti di squisita realtà dei giorni nostri? Tutto vero e tutto reale, nulla di surreale. Una meravigliosa serata voluta e organizzata dall’Assessorato all’Agricoltura e Cibo della Regione Piemonte insieme a VisitPiemonte nell’ambito delle iniziative di valorizzazione del freisa, vitigno dell’Anno 2022 del Piemonte. Lo scenario la Villa della Regina a Torino, Residenza Reale con il vigneto urbano coltivato a freisa, il vitigno storico autoctono piemontese diventa protagonista insieme ai produttori ed al Consorzio di tutela del Freisa di Chieri e Collina Torinese.
Con il Consorzio del Freisa anche il Consorzio di tutela del Barbera d’Asti e vini del Monferrato, il Consorzio di tutela vini Doc Pinerolese, il Consorzio di tutela vini Colli Tortonesi e il Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. E poi i personaggi politici, i giornalisti, i tecnici del vino e gli ospiti: consumatori e appassionati.
Ma soprattutto c’è lui, il vino Freisa. Quando parliamo di vitigno freisa menzioniamo uno dei vitigni autoctoni piemontesi più importanti, basti pensare alla sua storia e alla sua qualità. Bisogna infatti tornare nel passato di alcuni secoli, nel 1500, quando era diffusa la sua coltivazione nell’area nord occidentale del Monferrato, tra le province di Asti e Torino, come attestano le citazioni del nome Freisa nei catasti del Comune di Chieri del secolo sedicesimo.
Una storia dunque di almeno 500 anni, così come appare dai documenti giunti ai giorni nostri. La sua presenza nei territori degli odierni Monferrato e Collina Torinese è sicuramente precedente, ma con altri nomi a indicarne l’uva locale. Ma come è stata possibile questa sopravvivenza della viticoltura e dell’enologia? Dalle invasioni barbariche che fecero seguito alla caduta dell’Impero Romano furono senza dubbio i monaci che, al sicuro dei loro templi religiosi, portarono avanti e tramandarono la coltivazione della vite e la produzione di vino richiesto sì per la celebrazione dell’Eucaristia, ma non solo. Per il vitigno freisa e altre uve di questo lembo di Piemonte racchiuso tra il fiume Po e il Monferrato si devono ringraziare i monaci Agostiniani dell’Abbazia di Vezzolano abili poi a diffonderne la coltivazione.
La sua diffusione si è poi allargata in tutta l’area astigiana, diventando nel tempo in molti comuni situati alla sinistra del fiume Tanaro il secondo vitigno coltivato dopo il barbera.
Oggi la superficie territoriale coltivata a freisa sul territorio piemontese è di circa 376 ettari, dai quali si producono i vini a denominazioni di origine controllata Freisa d’Asti, Freisa di Chieri, Piemonte Freisa, Colli Tortonesi Freisa, Pinerolese Freisa, Monferrato Freisa, Langhe Freisa. Parliamo di un totale complessivo di oltre 2 milioni di bottiglie prodotte da quasi 300 aziende vitivinicole.
L’evento è stato inserito in quello che viene definito come progetto “Vitigno dell’anno” nato dall’idea di raccontare e valorizzare i vitigni storici autoctoni della Regione Piemonte, in qualità di ambasciatori insieme agli altri prodotti agroalimentari di qualità.
Non si dimentichi infatti che Il Piemonte vitivinicolo si caratterizza per i vitigni autoctoni e i vini di qualità certificati, ecco perché si è voluto portare nel capoluogo il vitigno più torinese di tutti, scegliendo per il freisa una Residenza Reale, storicamente circondata dalla vigna. Una iniziativa che rientra a tutti gli effetti tra le azioni di marketing, presentazioni e degustazioni del vino Freisa durante l’anno per promuovere il vitigno e dare visibilità ai suoi territori di produzione con le sue tipicità e le aziende vitivinicole produttive.
Il Consorzio di Tutela e Valorizzazione delle DOC Freisa di Chieri e Collina Torinese, la cui Presidente è Marina Zopegni è nato nel 2002 e ha, come molti Consorzi, l’obiettivo di tutelare, valorizzare e promuovere i vini della collina Torinese. Inoltre si occupa di informare il consumatore e di curare gli interessi delle due denominazioni Freisa di Chieri e Collina Torinese.
Naturalmente ha poi il compito di svolgere le attività di vigilanza e promozione della viticoltura incoraggiandone le migliorie, sia nell’applicazione di sistemi di produzione più razionali ed ecocompatibili, sia nella produzione dei vini, mettendo a disposizione dei consorziati un’assistenza orientativa e tecnica oltre che di tutela legale nella protezione delle denominazioni.
Le denominazioni sono due: Freisa di Chieri dal 1973 e Collina Torinese nelle sue varie declinazioni dal 1999.
Il Consorzio associa oggi 8 aziende nelle province di Torino e di Asti.
Dalla serata evento di cui vi ho fatto menzione ho però voluto andare oltre. Non che fossi a digiuno in termini di vino Freisa, ci mancherebbe, ma la curiosità spinge sempre a volere scoprire qualcosa di nuovo, di apprezzabile, di comunicabile al pubblico. Ho pertanto raggiunto la città di Chieri per incontrare uno dei produttori di Freisa più rappresentativi nella sua cantina. Il nome non ha importanza, ciò che conta è il vino, e poi anche io ho un pizzico di savia pazzia del frigorifero.
Gustarsi un Freisa classico, storico, quello con le bolle, o per meglio dire frizzante, giusto per capirci con un risottino cucinato con fragole e Fresia è stato un vero piacere. Per non parlare dei Plin, l’agnolottino tipico piemontese preparato con le tre carni annaffiate dal vino Freisa in cottura, in abbinamento con un Freisa superiore.
Questa è una tipologia di vino che oggi si ottiene grazie alla ricerca effettuata nel tempo e all’innovazione tecnologica che consente di avere vini da lungo invecchiamento. Infine il Fresia dolce, quello che un tempo si chiamava amabile e dalla bassa gradazione, 5/6 gradi appena. A Chieri non puoi non abbinarlo alla tipica Focaccia di Chieri, un dolce tanto semplice quanto delizioso di cui ovviamente ho seguito tutte le fasi di preparazione in una delle pasticcerie più rinomate della città.
Una bella serata, una cantina con grandi vini e un’ottima cucina cosa chiedere di più dall’incontro con questo vino? Una domanda però c’è ancora: ma si dice il Freisa o la Freisa, alla piemontese? Una domanda alla quale in fondo non c’è risposta, in genere si tende a chiamare il freisa il vitigno e la Freisa il vino; sul territorio si ama il femminile riguardo al vino, forse per la finezza e l’eleganza, ma è anche un vino che al momento giusto esprime ruvidità e durezza da uomo, dunque maschile. Il o la poco cambia, fate come volete ma godetevelo perché merita e vi assicuro che non è surrealismo.
Fabrizio Salce