La Panizzi, che lavora fin dalla nascita in modo fuori dagli schemi per San Gimignano, produce con qualità e affidabilità Vernaccia dal 1989. Innovatori da sempre, avendo rivoluzionato il modo in cui si pensa e produce questo particolare vitigno, come con la Riserva 1998, premiata dalla Guida dei Vini d’Italia del Gambero Rosso con l’assegnazione dei “tre bicchieri”: la prima volta che una Vernaccia di San Gimignano otteneva quest’ambito riconoscimento.
Con la vendemmia 2003 debutta una nuova Vernaccia di San Gimignano Panizzi, prodotta integralmente con le uve del vigneto da cui tutto ha avuto origine, la Vigna Santa Margherita. E oggi, ormai da anni sotto la guida di Simone Niccolai, l’azienda, con lo stesso spirito e la stessa idea di qualità che da sempre la contraddistingue, è molto cresciuta – 150mila bottiglie di bianchi e 50mila di rossi – potenziando la superficie a vigneto, ampliando la gamma dei propri vini e divenendo anche agriturismo.
Simone ci parli delle tue Vernaccia? “La Vernaccia di San Gimignano annata è l’interpretazione in chiave moderna di un vino antico e carico di storia: prodotta con uve provenienti un po’ da tutti i vigneti aziendali – Larniano, Montagnana, Santa Margherita, Lazzeretto – è il nostro bianco più pronto e immediato. La Vernaccia di San Gimignano Vigna Santa Margherita prende il nome dalla località in cui la Panizzi è nata e dalle viti di questo storico vigneto: al naso è intrigante ed elegante con note agrumate ben amalgamate a sentori di fiori di campo, al palato è appagante con la fragranza olfattiva che si ripercuote fedelmente sul centro bocca, senza condizionarne il carattere secco. La Vernaccia di San Gimignano Riserva è il nostro bianco più celebrato e premiato, prodotta con le migliori uve ed elaborata in barriques: di profonda mineralità, è un grande esempio delle capacità d’evoluzione e tenuta nel tempo di questo gran vitigno autoctono toscano. Infine abbiamo la sontuosa Vernaccia di San Gimignano Evoé, prodotta solo nelle vendemmie eccezionali da uve molto mature con una lunga macerazione sulle bucce, affinamento in legno e tanta bottiglia: una ricerca dei confini espressivi di questo storico vino/vitigno per arrivare/tornare alla descrizione che ne fece nel Duecento Michelangelo Buonarroti il Giovane: un vino che bacia, lecca, morde, picca e punge”.
Che filosofia applichi alla produzione della tua Vernaccia? “La nostra attenzione parte dalla vigna, stando ben attenti a selezionare le uve migliori con un adeguato livello d’acidità: non c’interessa produrre vini di pronta beva, se poi decadono dopo pochissimi anni dalla vendemmia. La Riserva è l’esemplificazione di questa convinzione: affina per un anno in legno piccolo, recipiente in cui avviene anche la fermentazione e, dopo un breve passaggio in acciaio, prima di presentarsi sul mercato fa tanta bottiglia (almeno 18 mesi). Noi facciamo Vernaccia tradizionale, nel senso che è un bianco di terroir da grande invecchiamento, per questo bisognerebbe aspettare qualche anno dalla vendemmia prima di stappare le bottiglie per godersele al massimo del loro potenziale espressivo: si possono avere sorprese davvero incredibili riguardo al color paglierino e alla freschezza anche dopo vent’anni (e non parlo solo della Riserva). E questo lo posso affermare per esperienza diretta, avendo un bello storico di cantina. È un vino paziente, che ama il riposo e resiste molto bene agli anni che passano, acquisendo finezza, complessità e armonia: se un vitigno è sopravvissuto per così tanti secoli vuol dire che ha delle ottime caratteristiche, sta a noi riscoprirle e valorizzarle, secondo me questa è la vera scommessa del nostro territorio”.
Passando ai rossi… “Partiamo col rosato Ceraso che, con licenza poetica, descriverei brillante e luminoso come un cielo sereno d’inverno con colori d’autunno e profumi di primavera, un eccellente vino per l’estate. Il San Gimignano Rosso Folgòre è dedicato a Folgòre da San Gimignano, poeta nato e vissuto a San Gimignano tra il 1270 e il 1332: da un preciso progetto e da vigneti specificamente realizzati nella prima metà degli anni Novanta, viene prodotto solo negli anni in cui le uve giungono a perfetta maturazione. La mia passione per il Pinot Nero, gran vitigno di Borgogna, ha acceso una sfida: produrlo in un ambiente inconsueto per clima e soleggiamento, mantenendone eleganza e riconoscibilità caratteriale: ecco il San Gimignano Pinot Nero, da un vigneto collocato a poco più di 400 metri s.l.m. Abbiamo poi un rosso di tradizione, il Chianti Colli Senesi Riserva Vertunno, dedicato alla divinità d’origine etrusca che personificava la nozione del mutamento di stagione e presiedeva alla maturazione dei frutti. Non è un rosso, ma vorrei parlarvi anche dell’ultimo arrivato: l’intrigante Passito di Toscana, che nasce dalle uve dei nostri vigneti situati a Seggiano, non lontano dal Monte Amiata, montagna sacra, olimpo del popolo etrusco. Voglio ricordare anche il nostro olio extravergine, una tradizione di famiglia, visto che già mio nonno era frantoiano e tutt’ora abbiamo un nostro frantoio: è il frutto della spremitura a freddo delle cultivar Leccino, Frantoio e Moraiolo delle cinquemila piante dei nostri oliveti, che s’estendono a un’altitudine che varia dai 250 ai 350 metri s.l.m. su terreni argillosi-calcarei, condizioni ideali per una produzione olivicola altamente pregiata. Piccola chicca finale: da pochi mesi, in un podere risalente al Seicento, è nato l’agriturismo in stile rustico toscano, immerso nel verde dei nostri vigneti e dei boschi circostanti, da cui si gode una vista magnifica sulla natura toscana più pura”. Da trent’anni a San Gimignano e dal 2011 direttore della Panizzi è l’enologo friulano Walter Sovran, dal garbo elegante e quell’accento gentile che si stempera, ma non scompare neanche dopo aver ‘risciacquato i panni’ in Elsa: “Ho sempre condiviso appieno il sogno di far riscoprire la Vernaccia come un gran bianco e quello di far crescere territorio e produttori: guardando la situazione oggi, direi che quel sogno è ormai realtà, ci sono diverse aziende giovani che si stanno facendo strada, lavorando seriamente e in qualità. Ma non vedo l’ora di poter operare nella nostra nuova cantina, che sarà una costruzione moderna in acciaio, cemento e legno, spero proprio di vinificarci la prossima vendemmia 2017”.