“Portare l’estate in inverno, le conserve erano la fonte di stabilità per l’inverno e ad oggi sono una necessità e danno una nuova visione dell’ingrediente”
Stefano Zanini, vincitore del GC Talent Prize 2022 e “Giovane dell’anno” per la guida MILAT 2023, a Desenzano del Garda nel suo piccolo e brillante universo di Mos si approccia alla stagione autunnale con un menu all’insegna del sapore selvatico: selvaggina, funghi, foglie e conserve della stagione precedente. L’autunno è tiepido, tendente al freddo: il pensiero creativo dello chef ruota intorno al preservare gli alimenti, quindi da padrone faranno le conserve delle stagioni prima e la cacciagione. Funghi e tartufi del Lago di Garda a colorare la stagione più gustosa dell’anno.
Il viaggio gastronomico procede poi lentamente verso l’inverno che racconta tutte le “esperienze fredde” dello Chef maturate in Finlandia, Danimarca e Francia e poi tornando in Italia in Alto Adige. L’inverno è il momento in cui la natura si riposa salvo i vegetali che riescono a riposare sotto la terra: radici, radicchio e tuberi dimenticati e riscoperti. Il menu appunto sarà più confortevole e “di riposo” con sapori tradizionali e un’idea di cucina più dolce e rotonda, con il palato meno sovraeccitato ma che prediligerà sapore e godimento.
Equilibrio, Persone e Territorio, cucina di mercato.
I menu degustazione saranno sempre tre: Equilibrio (menu a mano libera al costo di 75 euro a persona esclusi i vini), il menu che racconta a tuttotondo la visione di complementarietà di terra e lago nella cucina di Zanini, Persone e Territorio (sei portate al costo di 65 euro a persona esclusi i vini) un viaggio nella tradizione del territorio gardesano e Cucina di Mercato (4 portate a 55 euro a persona esclusi i vini),un percorso tutto al vegetale che cambia settimanalmente in base alle disponibilità del mercato.
Le persone e il territorio rimangono grande fonte d’ispirazione non solo per l’ingrediente stesso ma anche per la storia che raccontano: i piatti sono genuini e incisivi nel gusto e nell’impatto visivo. Ogni portata racconta la ricerca di un equilibrio di sapori privi di costruzioni, codici e artifici: una spontanea armonia di gusti che trova nel palato la sua sinfonia perfetta.
Equilibrio è il menu che più abbraccia l’idea di complementarietà per lo chef: “non tutto ai nostri occhi può essere equilibrato (terra e lago) ma, nel mio unire gli elementi in un gioco di consistenze, sapori, profumi, temperature in un piatto, come per magia tutti questi raggiungono equilibrio nel gusto e nella mente”. Equilibrio in divenire, non perfetto e non statico bensì il filtro vero e proprio del pensiero creativo: partire dall’idea di sapore e di gusto e filtrarla creando un equilibrio tra passato e presente, terra e lago, tradizione ed evoluzione.
Il valore delle conserve: stabilità, necessità e circolarità.
Le conserve arrivano anche da quello che è l’intento del ristorante: l’idea e il nome deriva da mos maiorum (il costume degli antenati) quindi altro non è che riprendere le tecniche del territorio usate nel passato e riportarle ad oggi con una visione aperta: glicine e ribes, ad esempio, vengono messi in conserva in estate e ripresi nel menu attuale con coscienza di un sapore cambiato e amplificato. Oppure il radicchio dell’orso e l’aglio orsino che possono essere messi sott’olio e in salamoia per poi essere valorizzati in un accostamento di sapori autunnale.
La conserva era in origine una fonte di stabilità per l’inverno: permetteva la presenza di un sostentamento certo durante un periodo povero di raccolto come poteva essere l’inverno. Le tecniche allora come ora usate erano principalmente salamoia, sott’olio e sotto sale, e potevano essere applicate a verdura, frutta, carne e pesce.
I prodotti in conserva sono un’altra sfaccettatura della materia prima che regala un’armonia più completa al piatto sia a livello di consistenze che a livello di sapore. Il ribes, ad esempio, viene esaltato in conserva poiché prende davvero tutti i sentori del pomodorino rosso: infatti viene utilizzato come completamento del piatto del pacchero.
L’idea di conservare arriva anche per necessità: i contadini portano gli ingredienti al ristorante e per non farli andare a male, li si mette in conserva quando vi è esubero.
Infine in quest’ottica viene approcciato anche il concetto di cucina circolare: gli scarti di carne e pesce vengono usati dallo chef Stefano Zanini per fare garum e koji oppure esiccati e resi a polvere.
“Risotto Bagoss e zafferano, crema d’ortica e acquadella in carpione”: un risotto con formaggio Bagoss delle malghe gardesane e pistilli di zafferano molto stagionato, emulsione di ortiche e acquadelle con sopra riso soffiato. Il piatto racconta l’incontro di tre risotti della tradizione del territorio: la zona del mantovano veronese in particolare in cui esistevano queste tre ricette classiche a base bagoss, acquadelle e ortiche. La “Selvaggina arrosto in civet con fondente di patate dell’orto, salmì”: germano reale, fagianella e pernice secondo disponibilità di mercato con salsa civet a base di ossa, interiora, sangue e vino rosso accompagnate da una purea di patate di montagna. La “minestra sporca” è una minestra con base consommé di pollo e funghi, con aggiunta di gusci di castagna tostati, le foglie d’autunno e vari elementi del sottobosco: dopo averla portata a cottura e filtrata vengono aggiunti vari tuberi antichi marinati in salamoia e castagne crude leggermente passate alla brace.
Questi alcuni dei piatti che fanno parte del nuovo corso di Mos, un corso che arriva da un’estate calda e “acida” e si avvicina a un autunno, inverno freddo ma ricco e “dolce”.