Siamo a Camigliano, lembo estremo del continente Montalcino, naturale terrazza panoramica che si affaccia a sud ovest verso il mare, sotto di noi l’Orcia, a sinistra il castello di Poggio alle Mura e di fronte le colline del Montecucco. Qui la strada non ha sfondo, bisogna venirci di proposito, questo versante è il più caldo e assolato, dove arrivano le brezze marine e le vigne si intervallano a ettari di bosco popolato da ungulati e seminativi. La tenuta di Camigliano, acquistata da Walter Ghezzi nel 1957, il pioniere dei tanti milanesi arrivati poi nel tempo a Montalcino, è una delle più grandi e storiche di Montalcino, in realtà è un piccolo paese che ruota intorno al centro aziendale, un tempo inglobata nelle mura del castello c’era anche un’osteria di quelle a gestione casalinga, oramai rare da trovare, famosa per il galletto arrosto. Walter era un grande appassionato della campagna, sia di agricoltura che di allevamento e, appena arrivato, centralizzò le stalle, che allora erano frazionate nei vari poderi: a Camigliano allevò tacchini, 300 suini e 200 vacche chianine, che sono rimaste fino al 1990. E, oltre a circa 50 ettari di vigneto, Walter coltivò anche barbabietola da zucchero, tabacco, mais, peperoni, pesche… Oggi ci accoglie il figlio, l’ingegner Gualtiero Ghezzi, che si occupa dell’azienda dal 1984 con la moglie Laura Censi, attuali proprietari. Mentre in cantina scegliamo tra le annate storiche quelle da assaggiare, mi rendo conto che spesso, per noi che ci occupiamo di vino, l’approccio nei confronti di un campione da assaggiare è un pò freddino, valutiamo colore, aromi, persistenza, tipologia, ma è raro farsi coinvolgere emotivamente. Gualtiero, per ogni annata, mi racconta degli aneddoti, del tempo, delle persone che l’hanno fatto, ricordi di chi, appena arrivato da Milano, veniva catapultato, in una specie di macchina del tempo, nel bel mezzo di una vendemmia nella campagna toscana. La sensazione è quella di sfogliare un’album di famiglia, una cosa privata, dove sono presenti le persone più care ritratte in momenti intimi, felici e i luoghi del cuore. Alla fine decidiamo di assaggiare, di comune accordo, anche annate difficili, decidiamo di partire con il Brunello Riserva 1968 (la prima annata imbottigliata per la commercializzazione fu il 1965), Riserva 1977, annata 1982, Riserva 1985, Riserva 1995 e infine annata 1997.
Brunello di Montalcino Riserva 1968
Questo vino fu fatto nella vecchia cantina col torchio manuale dal fattore coadiuvato dai contadini, non era ancora arrivato l’enologo Pietro Rivella, che inizia la collaborazione con Camigliano nel 1971. Mi viene da pensare che frequentavo le scuole elementari, il tappo è un pò incollato ai bordi, la stappiamo con cura, ma, nonostante tutto, non riusciamo a versare il vino perfettamente chiaro: il colore è granato con un’unghia decisamente aranciata, gli odori quelli di un Sangiovese evoluto, l’arancia candita, la terra bagnata, il cacao, il caffè. Questo vino è ancora acido e vivo, ma è decisamente adatto a chi ama i vini vecchi, sono completamente scomparsi gli odori primari, stando nel bicchiere viene fuori un’odore buonissimo che il dottor Franco Biondi Santi definirebbe “tabacco da pipa melassato”. Interessante come esperienza per capire l’evoluzione del Brunello.
Brunello di Montalcino Riserva 1977
Questo vino è stato il primo vinificato in cemento nell’allora nuova cantina, costruita a metà degli anni Settanta e invecchiato in grandi botti nuove di rovere di Slavonia. Vien subito da pensare che adesso in questo territorio non si riesce a scendere sotto i 14.5 gradi alcolici nelle annate normali, quindi sia il clima che le tecniche
di vinificazione moderne influiscono sulle gradazioni. Il 1977 è un capolavoro, rosso granato con riflessi vivi, un ventaglio olfattivo vastissimo, la marasca, il tartufo, la crosta di pane, la mela cotogna, evidentissime note balsamiche di menta ed erbe aromatiche, tannino grasso e vellutato, elegante nell’acidità, lunghissimo, insomma proprio un capolavoro, vino vivissimo ed elegantissimo, da bere mangiando.
Brunello di Montalcino 1982
Vino diffi cile, si presenta aranciato, al naso pungente di alcool, si sentono l’arancia candita, il fi eno, il caffè e un leggero fungo porcino, molto tannico e scontroso, stando nel bicchiere vira sul cappuccino, lo zabaione e il croco. Ricordo di aver assaggiato altri 1982 a Montalcino, tutti difficili.
Brunello di Montalcino Riserva 1985
Rosso granato con bordo arancio, al naso è un pò chiuso, si sentono la mora, la prugna secca, il pepe, l’alcool è evidente, il corpo è vivo e acido, il tannino appena asciutto, lungo e persistente nel bicchiere, dopo un pò diventa una meraviglia, si apre con generosità e vengono fuori note minerali e balsamiche, evidente il timo e la menta.
Brunello di Montalcino Riserva 1995
Anche questo, appena aperto è un pò chiuso, ma si differenzia dagli altri per il carattere decisamente spigoloso, insomma un Brunello vecchia maniera, col Sangiovese acido e scalpitante. Il colore è bello e vivo, al naso i fichi canditi, le prugne secche, la viola. Alcool e freschezza ben presenti ed equilibrati, tende a farti salivare e a farti venire voglia di berlo e riberlo.
Brunello di Montalcino 1997
Non capita spesso di degustare il 1997, vuoi perché è stato erroneamente considerato uno dei millesimi migliori del secolo scorso e quindi venduto tutto, vuoi perché molti produttori
che ne conservano delle bottiglie sono consapevoli che ha retto nel tempo meno bene di annate considerate minori. Color rubino, al naso frutta candita, fichi e mandorle, il corpo non è particolarmente spesso, il tannino entra un pò ruvido, direi polveroso, in bocca è persistente e abbastanza ampio. Con pazienza vengono fuori note di pepe e menta. Anche se forse mi aspettavo qualcosa in più, ci troviamo sicuramente davanti a un grande vino.
È sempre sorprendente assaggiare vecchie annate, non sai mai cosa aspettarti, ogni singola bottiglia può essere diversa dalla successiva per mille motivi e, quando metti il naso nel bicchiere, ti tornano alla mente una serie di profumi e sensazioni infinite, come quando ho ritrovato la vecchia cartella di cuoio delle elementari che odorava ancora di carta e di pane e salame. Se sai ascoltare e sei paziente, certi Brunello ti raccontano molte cose, non sono vini da bere velocemente ed è sempre meglio avere più bicchieri a disposizione.