Collazzi: vigneti alle porte di Firenze

Pubblicato il 8 luglio 2022

La tradizione è solo un riferimento a cui guardare un attimo per avere una rotta verso il futuro.
In questa frase si sintetizza la filosofia di Collazzi, azienda situata a Impruneta nell’Anello del Rinascimento, a pochi passi dall’omonima villa, progettata da Santi di Tito, allievo di Michelangelo Buonarroti.
Collazzi prende il nome da “Colli Pazzi”, come venivano definite le colline dove si trova, caratterizzate da un susseguirsi di saliscendi. Un luogo da cui si ha la vista su tutta Firenze, in particolare, sul Duomo.
Rispetto dell’ambiente, del territorio e delle persone è la filosofia di un’azienda che mette l’uomo al centro, dove l’uomo è ogni collaboratore, dall’enologo a chi si occupa delle potature in campagna.

L’AZIENDA
Collazzi affonda le proprie radici nella storia ma è proiettata al futuro. Nel suo DNA ha il coraggio di chi non ha paura di sperimentare e, se aiuta a crescere, talvolta di sbagliare.
<< A Collazzi si sperimentano cose uniche perché si sa cosa si fa>> Afferma l’enologo Alberto Torelli, in azienda da quasi 20 anni. Arrivato giovanissimo per uno stage universitario, Alberto è oggi il riferimento dell’azienda.
Il coraggio di Collazzi ha portato negli anni Novanta a impiantare vigneti di varietà internazionali in un luogo dove il costo medio dei terreni è altissimo, perché situato alle porte di Firenze.
Un territorio, al tempo stesso, vocato da sempre alla viticoltura, come dimostra la millenaria coltivazione dell’olivo, pianta ancor più esigente della vite, che Collazzi continua con 140 ettari di oliveta.
La scelta di puntare prevalentemente sulle varietà internazionali si basa sulla voglia di sperimentare. Sono gli anni Novanta e la viticoltura dell’area è principalmente orientata alla produzione di Sangiovese; il territorio però è caldo e siccitoso in etate e si decide di puntare su varietà come Cabernet Franc, Petit Verdot ma anche Merlot e Cabernet Sauvignon.

La prima vendemmia risale al 1999 e il primo vino ad uscire è Collazzi, un blend dei 2 Cabernets e del Merlot, che nel tempo verrà completato dall’introduzione di un Petit Verdot tanto unico a Collazzi.
A vestire la bottiglia un’etichetta che riproduce la stampa settecentesca di Giuseppe Zocchi dedicata alla splendida Villa Collazzi, situata a pochi passi; un’etichetta che da allora non è mai stata cambiata. La coerenza, infatti, è uno dei tratti distintivi di Collazzi, assieme alla scelta di muoversi con decisione ma a piccoli passi. Per questo la cantina inizialmente ha trovato spazio in un garage, per evitare investimenti sovradimensionati per un progetto che si stava definendo. Oggi quel garage è stato ampliato ma la saracinesca rimane ancora, a dimostrare l’orgoglio della propria storia.

I VIGNETI
Collazzi si trova a cavallo di tre comuni del fiorentino, Impruneta, Scandicci e San Casciano, e si estende su una superficie di circa 400 ettari, 250 di boschi, 140 a oliveta e 33 a vigneto.
Vigneti che oggi hanno circa 30 anni e che non sono mai stati espiantati dall’inizio della storia contemporanea dell’azienda.
I terreni sono ricchi in galestro, la roccia tipica di questa zona della Toscana, e il clima è continentale, con piogge concentrate in primavera e autunno e estati calde e siccitose. Per questo per i vigneti destinati a dare gli IGT è stata prevista l’irrigazione a goccia, che attinge l’acqua da un lago artificiale di raccolta delle piogge. Una scelta indispensabile perché in estate il calore della Valle dell’Arno risale e si fa torrido e ogni azione è mirata a limitare l’evaporazione, tanto che i filari vengono inerbiti in modo alternato per non creare troppa competizione idrica.
Il vigneto è il fulcro delle sperimentazioni, da un lato rivolte alla riduzione dell’impatto ambientale, come ad esempio con lo studio degli insetti utili per combattere i parassiti, e dall’altro alla gestione delle variazioni climatiche, attraverso le prove di potature lunghe, per evitare i danni delle gelate primaverili e per fare in modo che le gemme produttive partano dopo. Un lavoro che implica una doppia potatura ma che può costituire una risposta ad una problematica di importanza crescente.
Altra sperimentazione riguarda la dispersione di acqua sui vigneti in corrispondenza degli abbassamenti di temperatura, per evitare gli effetti nocivi della brina, proprio come in uso in Alto Adige per la coltivazione delle mele. Una tecnica che, attraverso la formazione di un film di ghiaccio sulla vite, protegge le gemme e i germogli dai danni delle gelate.
La sperimentazione passa anche per la verifica delle potenzialità dell’area per varietà non convenzionali. Dopo essere stati i primi a impiantare le varietà internazionali nel territorio, nel Duemila si è scelto di aderire allo studio sul Fiano, condotto dalla Regione Toscana.
Oggi Ottomuri, il Fiano Igt Toscana di Collazzi, è l’unico IGT Toscano prodotto al 100% da questa varietà di uva autoctona italiana. Un vitigno che qui ha trovato condizioni ideali, grazie alla scelta impegnativa di effettuare tre vendemmie per lo stesso vigneto. Vitigno poco produttivo per natura, viene gestito con una prima raccolta delle uve destinate a preservare l’acidità, la seconda per esaltare il frutto mentre l’ultimo passaggio permette di selezionare i grappoli che daranno pienezza al vino.

IN CANTINA
Avere i piedi per terra e muoversi senza bruciare le tappe, per non dover poi tornare indietro e cambiare strada. Collazzi ha seguito una strada precisa sin dall’inizio. Per questo si è scelto di non investire in sontuose cantine ma di riutilizzare il vecchio garage di quella che un tempo era la casa dei fattori al servizio della villa.
Oggi l’azienda ha un’identità forte e un mercato solido ma si è voluto continuare a usare quel vecchio garage, ammodernandolo e ampliandolo, ma si è investito invece in un tavolo di cernita manuale, che in vendemmia permette di selezionare solo gli acini migliori e nella nuova bottaia, completata nel 2012.
In cantina si lavora nel rispetto di quel che la natura ha dato. Il vino simbolo è Collazzi, che porta in etichetta il nome dell’azienda, blend di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Petit Verdot. Un vino nato nel 1999, che mantiene la propria freschezza nel tempo e che si distingue per marcare il territorio. Le uve provengono dall’omonimo vigneto storico, che ha viti di 30 anni, e fa un affinamento in rovere francese con l’obiettivo che il legno non sovrasti ma solo ne accompagni il carattere.
Vi è poi Ottomuri, il Fiano IGT Toscana, che è ottenuto con tre vinificazioni distinte. Le uve provenienti dalla prima e dalla seconda vendemmia sono vinificate in solo acciaio, la parte proveniente dalla terza vendemmia fermenta in barrique e rimane sulle fecce per 8 mesi. Una pratica che consente la riduzione al massimo iol contenuto in solfiti, grazie al potere di sottrazione dell’ossigeno delle fecce stesse.
Ferro è il Petit Verdot in purezza e prende questo nome dall’omonimo vigneto e dalle caratteristiche del vitigno, deciso e leggermente ferroso, oltre che dai suoli ricchi in questo elemento. A partire dalla prima vendemmia, nel 2010, questo vino è sempre stato vinificato in purezza per esprimere la propria originalità. Ricco, suadente, caratterizzato da longevità e freschezza aromatica, un vino eterno ed elegante.
Libertà è un inno alla vita, il simbolo del dono che la città di Firenze fece a otto famiglie fiorentine che combatterono valorosamente per la città. È prodotto da uve Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, che si fondono in un vino in equilibrio fra morbidi tannini del Merlot, complessità aromatica del Cabernet Franc e Sauvignon.
Bastioni, infine, è il Chianti Classico ottenuto dai 7 ettari di vigneti situati a San Casciano, coltivati in terreni ben drenati e ricchi di scheletro. È un vino caratterizzato da una personalità forte e unica.
La produzione di Collazzi varia di anno in anno a seconda di ciò che la natura dona. La media si attesta sulle 220.000 bottiglie ma in alcuni anni se ne sono ottenute solo 150.000.
LA LOCANDA COLLAZZI
Già nel Settecento esisteva una “Locanda Collazzi”, come dimostra il disegno esposto in questo luogo caldo e accogliente, omaggio alla cucina toscana. La giovane chef Angela Tucci interpreta i prodotti provenienti in gran parte dall’orto aziendale. Il giardino delle erbe, orto aromatico, accoglie gli ospiti all’ingresso di una terrazza progettata dall’”architetto dei giardini” Richard Shelbourn, che ha progettato al centro della veranda uno splendido gioco di piante rampicanti con al centro la fontana che emette il placido suono dell’acqua.
In cucina protagonisti sono i sapori della Toscana, reinterpretati con maestria da Angela. Gran parte dei prodotti provengono dall’auto produzione, persino i piccioni, una delle specialità della Locanda, allevati nell’azienda.
L’ambiente, giocato sui toni naturali del verde, accoglie l’ospite con la cucina a vista, che si può scegliere di ammirare pranzando sul balcone. Si susseguono poi salette intime per un totale di 50 coperti.
Il ristorante è aperto dal mercoledì alla domenica alla sera, sabato e domenica a pranzo e cena.