I produttori del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, custodi del vino dolce che in passato ha conquistato poeti e letterati, incontrano Ian D’Agata: “Il Moscadello torni ad essere emblema della viticoltura di Montalcino”
Prima di diventare la terra del Brunello, Montalcino è stata la patria del Moscadello, vino prodotto dalle uve aromatiche del Moscato Bianco, coltivato per secoli in tutto l’areale montalcinese. Come buona parte delle superfici vitate della Penisola, tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento, la Fillossera non risparmia neanche le “moscadellaie” delle colline di Montalcino, e quando i contadini e i vignaioli ricostruiscono il patrimonio viticolo del territorio, il Moscato Bianco lascia spazio al Sangiovese Grosso, resistendo solo in qualche azienda, nonostante l’esortazione di Tancredi Biondi Santi ai “signori padronati a ripristinare le moscadellaie…”.
Oggi, la produzione di Moscadello sfiora le 50.000 bottiglie, appannaggio di un piccolo gruppo di aziende del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino: Banfi, Capanna, Caparzo, Caprili, Col d’Orcia, Il Poggione, La Poderina, Mastrojanni, Mocali, Tenute Silvio Nardi e Villa Poggio Salvi, custodi di una nicchia produttiva ricca di fascino e di una Storia da riscoprire a far conoscere. Che ha acceso da tempo l’interesse di uno dei più grandi conoscitori del vino italiano nel mondo: Ian D’Agata.
Divulgatore, prima ancora che critico, Ian D’Agata vive stabilmente in Cina, dove con “Teorroir Sense” racconta a milioni di wine lovers le peculiarità enologiche del Belpaese. Compreso il Moscadello di Montalcino, protagonista di una intensa giornata di studio e approfondimento, con tutti i produttori del Moscato Bianco, ed i loro vini, ospiti di Francesco Marone Cinzano a Col d’Orcia. Un momento di riflessione e confronto tra i produttori sulla piccola, ma fondamentale, denominazione di Montalcino, sul suo ruolo nel complesso mercato internazionale dei vini dolci, e sul suo futuro, tutto da costruire.
“Ciò che emerge chiaramente è un altissimo livello qualitativo, che accomuna il Moscadello di Montalcino in tutte le sue declinazioni: frizzante, tranquillo e vendemmia tardiva. È un vino molto più complesso e sfaccettato di quanto si possa immaginare, capace di stare perfettamente in equilibrio tra dolcezza e acidità. Con la sua complessità e godibilità è qualcosa di più di un semplice vino dolce, in alcuni casi ricorda un Sauternes, anche nella sorprendete capacità di invecchiamento”, commenta D’Agata.
“Qualche anno fa, parlando con gli amici produttori di Montalcino, è emerso con sempre maggiore evidenza il fatto che un vino storico e importante come il Moscadello di Montalcino stava lentamente finendo nel dimenticatoio. Riunire tutti i produttori, e degustare insieme le diverse espressioni del Moscadello, è un modo per iniziare il rilancio di questo magnifico vino, che ha fatto la storia enologica ilcinese, prima ancora del Brunello”, ricorda Ian D’Agata.
“L’augurio è che questa prima degustazione sia un inizio per parlare non solo di Moscadello e delle sue tipologie in generale, ma anche di cominciare a riflettere seriamente a un rilancio del Moscato Bianco
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