Castello di Meleto: dal passato al futuro, una storia di territorio

Pubblicato il 27 maggio 2024

Castello di Meleto è il simbolo di Gaiole in Chianti, uno dei comuni più alti della denominazione. Il suo legame con il vino inizia nel XI secolo con i monaci benedettini ma risale al 1256 la prima citazione scritta del suo nome. Da allora la fisionomia esterna del castello è rimasta quasi immutata: alla vista il maniero si presenta perfettamente integro. Molto invece è cambiato nella sua storia recente, una vera e propria rivoluzione che inizia nel 1968 con la “Operazione Vigneti”, primo crowdfunding italiano nel mondo del vino, grazie all’intuizione di Gianni Mazzocchi, editore di riviste come Quattroruote e Quattrosoldi. Quest’ultima era dedicata ad appassionati di economia e finanza: proprio a questi lettori fu proposto di acquistare delle quote di un patrimonio italiano che rischiava di venire abbandonato. Nasce così Viticola Toscana, oggi Castello di Meleto Società Agricola, proprietaria del Castello e degli oltre 1100 ettari di terreno.

Grazie ad uno spirito imprenditoriale innovativo, dato proprio dalla forma societaria, è stata compiuta in questi anni una vera rivoluzione che l’ha portata ad essere un’azienda a tutto tondo, che unisce la vocazione turistica a quella vitivinicola e agricola. Grazie ad uno staff giovane, coordinato dal nuovo Direttore Generale Francesco Montalbano, l’azienda rappresenta ormai da anni un modello di produzione sostenibile in tre direzioni: ambientale, sociale ed economica.

Il capitale umano

Castello di Meleto è la realizzazione di un sogno di persone come tante che, mettendo assieme le forze e i propri risparmi, hanno realizzato qualcosa di straordinario. Per questo, più che in qualsiasi altro posto, si dà valore alle persone. L’età media di chi lavora a Meleto è 37 anni, e ciò rappresenta un’anomalia per un territorio così tradizionale, nonché la sua ricchezza: è anche grazie alla mentalità giovane e dinamica che si attuano tante scelte. A questa si unisce la capacità di dare valore alle persone. Al centro dell’attenzione è anche il benessere di chi lavora. Per questo uno dei progetti futuri è la creazione di un agrinido, asilo all’interno del Castello, che sarà aperto non solo ai figli dei dipendenti ma anche a tutte le famiglie di Gaiole. A fine 2023 Stefano Ilari, già vicepresidente nel precedente triennio è stato eletto Presidente di Castello di Meleto Società Agricola di Gaiole in Chianti.

Un patrimonio di oltre 1000 ettari da custodire e sviluppare

A Castello di Meleto la sostenibilità ambientale parte da lontano: ogni scelta è ponderata in base ai principi di produzione ragionata e rispettosa dell’ecosistema. Non a caso, uno degli aspetti più importanti è il mantenimento del bosco, esteso su 900 ettari, che ogni anno richiede una manutenzione di centinaia di ore di lavoro per conservarlo in buono stato. Con la fotosintesi si consente così l’assorbimento di più di 9000 tonnellate di CO2, pari alle emissioni prodotte da mezzo milione di viaggi in treno da Firenze a Roma!

Oltre alla depurazione dell’aria, il bosco permette di conservare specie di animali e di piante che rischierebbero l’estinzione e che sono utili per l’equilibrio del vigneto.

Castello di Meleto ha anche eliminato, ormai da due vendemmie, la raccolta meccanizzata in ogni suo vigneto: un impegno significativo e oneroso, che si traduce in un impiego di ben 80 ore di lavoro, solo durante la vendemmia, per ogni ettaro vitato, contro le 9 che sarebbero richieste dalla vendemmia meccanica.

A partire dal 2017, inoltre, l’azienda vitivinicola ha diminuito la quantità di vetro utilizzata nell’imbottigliamento dei vini. L’impatto? Un risparmio di vetro di oltre 53 mila chilogrammi, l’equivalente di dieci elefanti o un capodoglio.

L’ambiente salubre è confermato dall’allevamento delle api, che fungono da indicatore affidabile dello stato di salute dell’aria essendo particolarmente sensibili all’inquinamento, motivo che ha messo a repentaglio molte loro popolazioni in tutta Italia. Proprio per far fronte all’estinzione di questo insetto, indispensabile per la sopravvivenza della biodiversità e dell’agricoltura stessa, Castello di Meleto ha avviato nel 2020 l’iniziativa Nel Nome dell’Ape, che permette a chi condivide la filosofia dell’azienda di “adottare” un’arnia, con l’obiettivo di promuovere la ripopolazione delle api nel territorio. Grazie al successo del progetto l’allevamento, partito con 20 arnie, ospita oggi più di 90 famiglie, per un totale di più di 3,2 milioni di api all’anno, da cui si produce un ottimo miele biologico. Il progetto è stato ampliato con la realizzazione del Parco delle Api, un ettaro e mezzo di alberi e fiori destinati a diventare un vero e proprio paradiso per questi insetti, ma anche un luogo didattico per grandi e piccini. Il progetto si unisce al lancio di Idromele, bevanda biologica a base di miele fermentato di edera e di lavanda, e alle già in commercio produzioni di miele millefiori, propoli e miele selvatico.

Nell’economia agricola si inserisce poi la coltivazione dell’olivo, da cui si produce olio extra vergine di oliva biologico.

A un’altitudine compresa tra i 300 e i 350 metri sopra il livello del mare, i circa 1600 olivi che circondano il Castello di Meleto delle tradizionali cultivar Leccino, Frantoio, Pendolino e Moraiolo.

A Castello di Meleto si allevano infine allo stato brado maialini di Cinta Senese, la razza locale caratterizzata da ottime carni che diventano salumi preziosi.

Il vino, il simbolo di Castello di Meleto

Nei suoi quasi mille anni di storia, la produzione del vino ha sempre accompagnato Castello di Meleto e oggi l’obiettivo è fare esprimere al meglio il “talento” di questo luogo. Ad attraversare le sue terre è il torrente Massellone, un tempo chiamato Clante, dal cui nome pare derivi la parola Chianti. I terreni aziendali raggiungono i 600 m slm, con altimetria media tra i 350 e i 450 metri, caratteristica che determina forti escursioni termiche tra giorno e notte, ideali per lo sviluppo degli aromi ed il mantenimento della freschezza. Mediamente, la composizione generale dei terreni è argilla (25-30%), sabbia (35-40%), limo (35-40%). Lo scheletro rappresenta tra il 5-10% del terreno, ed è principalmente costituito da galestro e alberese, rocce caratteristiche del Chianti Classico.

Castello di Meleto possiede una delle più grandi superfici di vigneto a Gaiole, una responsabilità che ha portato l’azienda a intraprendere un percorso di grande evoluzione.

La proprietà si estende su 130 ettari di vigneto, suddivisi in 4 aree diverse per composizione dei suoli, clima e altimetria. Grazie alla collaborazione con l’agronomo Ruggero Mazzilli, l’azienda ha raggiunto traguardi importanti come la certificazione biologica e introdotto pratiche sempre più in armonia con l’ambiente.

La concimazione è fatta prevalentemente con l’utilizzo di compost, originato dalla decomposizione di materiale vegetale proveniente da quello stesso appezzamento. “In questo modo si esprime la massima tipicità del terroir e si evita di utilizzare carburante per spostare con i macchinari il prodotto all’interno della proprietà.” Afferma l’agronomo Mattia Achenza.

Per apportare sostanze nutritive, ogni vigneto viene analizzato per capire le esigenze specifiche, in modo da prevenire le carenze piantando leguminose per integrare l’azoto, graminacee per migliorare la tessitura del terreno e così via.

Il monitoraggio delle malattie avviene attraverso un sistema innovativo: la disposizione di 7 centraline collegate con una serie di 21 sensori distribuiti tra i filari di tutte le vigne, che scambiano i dati in modo wifi e avvertono quando si manifesta un rischio di infezione o di presenza di patogeni in modo che sia trattata tempestivamente esclusivamente quella zona. Sebbene questa tecnologia si conosca già, Castello di Meleto è la prima azienda in Italia a utilizzarla su grandi distanze.

La lotta alle malattie passa anche per la prevenzione con sperimentazioni come quella su piante di senape che pare funga da deterrente dell’oidio.

Grazie a questa filosofia Castello di Meleto è entrato nel Bio Distretto del Chianti, uno dei primi esempi di biodistretti a livello nazionale.

La conservazione del paesaggio

La salvaguardia dell’ambiente passa anche per la conservazione dello splendido paesaggio toscano. Sin dal principio, nei secoli, il vigneto è stato alternato ai boschi, ai pascoli e agli oliveti. Oggi si prosegue su questa strada con tanti accorgimenti: ad esempio, in vigneto si è scelto di utilizzare pali in acciaio Cor-Ten come sostegno delle viti, poiché questo materiale consente di ridurre l’impatto visivo e di ridurre al massimo lo smaltimento dei rifiuti; a tal proposito, è stato eliminato ogni genere di materiale plastico e le legature sono eseguite con prodotti derivati dal mais che consentono molta flessibilità e biodegradabilità. Sono inoltre stati recuperati gli edifici rurali per creare un vero e proprio albergo diffuso. Il tutto contribuisce ad aumentare l’indubbio fascino del Castello di Meleto.

Missione Sangiovese

Chianti Classico è sinonimo di Sangiovese, un vitigno straordinario quanto plastico, che in Italia viene coltivato in diverse aree ma che proprio in questa zona dà una delle espressioni più note. Di Sangiovese esistono però diversi cloni e biotipi ed è per questo che si è deciso, alcuni anni fa, di intraprendere una sperimentazione con l’Università di Firenze per individuare quelli che meglio si adattano alle cinque macroaree all’interno della proprietà.

Obiettivo è individuare il clone di Sangiovese CdM, dotato di caratteristiche uniche e capace di adattarsi alle diverse situazioni microclimatiche, presenti in azienda. Il lavoro ha richiesto anzitutto lo studio delle macrozone, cui è seguita la selezione di 150 viti.

Sei aree per cinque espressioni di territorio

Grazie all’estensione della proprietà e alla lunga storia della viticoltura a Meleto, nei secoli sono stati selezionati i terreni più vocati, divisi in sei zone diverse per clima, pendenze, esposizione, composizione dei suoli e altimetria.

Meleto: si trova in posizione limitrofa al castello ed è la zona più calda e più riparata dal vento. Accanto al Sangiovese, sono presenti Merlot, Vermentino e Trebbiano. La composizione del terreno è principalmente di tipo argilloso, ricco di scheletro. Da questi vigneti provengono anche le uve destinate alla produzione del Vinsanto che, dopo la vendemmia, riposano nella passitaia, edificio rurale dotato di una perfetta ventilazione.

San Piero in Avenano: è la zona confinante con la Pieve di Spaltenna, edificio romanico di proprietà di Castello di Meleto. È l’area più aperta e ventilata, caratteristica positiva in particolare durante l’estate poiché permette di preservare la freschezza e mantenere le uve in perfetto stato di sanità. Qui il terreno è ricco di scheletro ed è concentrata la produzione del Vermentino, accanto al Sangiovese e a piccole percentuali di Malvasia Nera e Merlot. In quest’area si trova Camboi, un vigneto dedicato esclusivamente alla Malvasia Nera del Chianti, dalla quale nasce l’omonimo vino, prodotto da viti di 30 – 40 anni.

Poggiarso: è la più arida e la più fredda tra le tenute. Le pendenze sono alte e l’altitudine sfiora i 530 m slm. Il Sangiovese trova condizioni climatiche estreme, che determinano una scarsa produzione ma alta qualità dei vini e dei profumi grazie alle forti escursioni termiche tra giorno e notte, soprattutto in estate. Il terreno è argilloso con grandi quantità di scheletro composto da alberese e galestro. Qui, nasce Vigna Poggiarso Chianti Classico Gran Selezione.

Casi: situata nella valle sotto al borgo medievale di Vertine, presenta un clima temperato grazie anche alla presenza di boschi che la circondano. Il Sangiovese è, come nelle altre macrozone, il protagonista e qui trova condizioni ideali di terreno caldo e clima fresco, che permane anche nei periodi più siccitosi. Anche Vigna Casi ospita un vigneto ad alberello. In quest’area si trova Parabuio, l’unico vitigno internazionale dei cru di Castello di Meleto – il Merlot – dal quale nasce l’omonimo vino.

Trebbio dà origine all’omonimo Gran Selezione, ovvero il Chianti Classico che meglio rappresenta la vocazione del territorio. Qui il Sangiovese si esprime in un vino potente ed elegante. Nel vigneto, accanto a questa varietà, si trovano viti di Ciliegiolo e Colorino, varietà locali considerate minori e quasi abbandonate ma che rappresentano un patrimonio di biodiversità che Castello di Meleto ha saputo preservare. Il suolo di Vigna Trebbio è principalmente argilloso, con buone percentuali di sabbie rosse nell’area nord est e con una crescente presenza di alberese a sud. L’esposizione del vigneto è a Sud e Est e l’altitudine va dai 380 ai 420 metri slm. Il Chianti Classico Gran Selezione Trebbio si distingue per la propria eleganza e, al tempo stesso, per la potenza che, con l’invecchiamento, esprime al meglio le potenzialità del vino.

Cerreta: Vigna Cerreta è la più recente Vigna, selezionata per la sua vocazione alla produzione. I vigneti, impiantati tra il 2016 e il 2022, presentano esclusivamente Sangiovese e si trovano nell’area a Ovest del territorio comunale di Gaiole in Chianti, in prossimità del toponimo “Cerreta”. L’esposizione dei vigneti è a Est e Nord-Est. I suoli di Vigna Cerreta sono quelli tipici del Chianti Classico e discendono dallo sfaldamento del Monte Morello. Sono terreni ricchi di alberese, pietra composta di calcare marnoso, a cui si alternano materiali di tipo galestroso, ovvero argilla scistosa e, più raramente, arenarie calcarifere. Le vigne si snodano sulle colline situate lungo il torrente Piana ad un’altimetria tra i 370 e i 450 metri slm. La forte presenza di calcare determina nei vini grande finezza

La cantina

Tutte le uve prodotte nei vigneti di proprietà vengono vinificate nella cantina, creata quaranta anni fa e ristrutturata di recente, dove valora l’enologo Alberto Stella, con la consulenza di Valentino Ciarla. Le uve, raccolte esclusivamente a mano, vengono mantenute separate per parcella, tanto che si compiono fino a 100 vinificazioni diverse. Si stanno aumentando al massimo possibile le selezioni in vigna che hanno portato ad effettuare più di 70 microvinificazioni parcellizzate per vigna e microaree, con fermentazioni in acciaio, vasche di cemento e tonneaux aperti con alcune piccole sperimentazioni con macerazioni lunghe sui raspi.

Potendo contare su un’estensione di ben 130 ettari vitati solo le uve migliori vengono selezionate per dare origine ai vini firmati Castello di Meleto e Borgaio. I grappoli destinati ai vini bandiera sono sottoposti ad una doppia selezione, la prima in vigneto al momento della raccolta, la seconda sul tavolo di cernita, dove ogni grappolo viene controllato manualmente da operatori esperti.  In questo modo le uve perfettamente sane permettono di ridurre l’uso di anidride solforosa così come di usare, per le produzioni del Vigna Casi e del Camboi, le fermentazioni spontanee, innescate, cioè, dai lieviti autoctoni presenti sulle uve. Si ottengono così vini di maggiore tipicità, davvero unici.

Anche la cantina è studiata per ridurre l’impatto ambientale, in particolare il consumo di energia. Per questo Castello di Meleto dispone di un impianto fotovoltaico di 500 mq, collocato sul tetto della cantina, che rende l’azienda energeticamente autonoma in tutta la produzione vitivinicola e amministrativa con una produzione di 72.000 kWh di energia pulita che portano al risparmio di 40 tonnellate di anidride carbonica. Per ottimizzare la produzione di energia è ora allo studio una batteria di accumulo che permetta lo stoccaggio e l’utilizzo nel corso di tutto l’anno.

Parabuio

Situato nella sottozona di Casi, il vigneto Parabuio porta un nome evocativo, a richiamare la sua posizione magica, nascosta alla vista dell’uomo, in una penombra dove la natura fa da padrona. Un vigneto scoperto come un dono prezioso in mezzo a fitti boschi, Parabuio è presto diventato la punta di diamante dell’azienda: qui si è deciso di coltivare l’unico vitigno internazionale dei cru di Castello di Meleto, il Merlot, che in questo clima protetto e isolato trova la libertà di esprimersi con originalità.

Qui la luce è obliqua e accompagna le uve in una maturazione che si prende il suo tempo, indisturbata; la vendemmia di Parabuio è naturalmente ritardata, e avviene nella quiete delle ultime settimane di settembre. La liquida luce dorata a ridosso dell’autunno si unisce a una maggiore escursione termica, e le argille e minerali nel suolo proteggono la terra dallo stress estivo; il risultato sono uve dal profilo fenolico ricco e affascinante. Un luogo nascosto e un luogo per chi si nasconde; in tempo di guerra, qui si rifugiavano i renitenti ai rastrellamenti nazisti, celandosi in covi incassati nel terreno, protetti dalla natura inaccessibile e sovrana. Oggi Parabuio è il vino simbolo di Castello di Meleto.

Nell’etichetta, il designer Raimondo Sandri cattura il luogo e il suo spirito; al contenuto della bottiglia, fatto di tempo, dedizione, cultura, sapere, l’artista appone una veste che ne esprime la personalità. << Unico e miriade, il segno-macchia concentra e amplifica la storia, il luogo, il racconto. – Racconta Sandri - Ho interpretato con la molteplicità e l’oro, la natura potente, le sue infinite varietà di forme spontanee e il dono prezioso che è Parabuio. >>

Parabuio Toscana Rosso IGT è vino di natura, di rarità, di potenza selvaggia. Al naso, aromi di ribes nero, marasca, vaniglia, burro e crema si presentano sin dall’inizio, lasciando spazio pian piano a spezie e note grigliate. L’assaggio è pieno, potente e morbido, seguito da una freschezza importate che pulisce la bocca ed allunga il sorso. Perfetto con carni rosse e pollame, formaggi di media stagionatura e piatti vegetariani.

L’ospitalità

Fiore all’occhiello è la produzione di vino ma anche la ricettività alberghiera con 7 suites in Castello, 4 stanze in stile toscano in Canonica e 11 appartamenti nel Borgo Medievale, e quella turistica con oltre 15.000 visitatori che ogni anno visitano le sale del castello.

Castello di Meleto offre molte attività per godere dell’ospitalità con un’attenzione al luogo: dalla fattoria didattica, al nuovo Parco delle Api e alle cantine sotterranee, per arrivare all’enoteca, dove è possibile degustare i prodotti tipici dei possedimenti del castello.

Il calendario è nutrito da corsi di cucina e appuntamenti per gli appassionati di vino: serate, weekend dedicati e corsi di avvicinamento. Gli eventi speciali sono invece legati al prezioso teatro di corte settecentesco.

Completa l’offerta l’Osteria Meleto, situata ai piedi del Castello nella vecchia fornace che, in passato, serviva per cuocere i mattoni usati per costruire gran parte dei casali di Gaiole, l’Osteria offre un’accoglienza calda, grazie alla guida di Jonathan Rampi e Lara Valentini, già proprietari de La Casa del Buono di Terranuova Bracciolini (AR).

La zona di Castello di Meleto può essere esplorata con mezzi diversi optando per una passeggiata nei vigneti e per il noleggio di E-Bike, attività pensate per ospiti green, ma anche organizzando un private tour a bordo di un pick up, per un’esperienza unica alla scoperta del vino accompagnati da un esperto agronomo.

 

Castello di Meleto in numeri

Fatturato 2022/2023

Vino: 2.700.000. €

Agriturismo: 1.350.000 €

Export Vino (Paesi e percentuali)

Svizzera: 5%

Italia: 28%

Germania: 7%

USA: 30%

Regno Unito: 10%

Asia: 20%

 

Agricoltura

•       130 ettari di vigneti

•       6,4 di uliveta

•       2 ettari destinati all’apicoltura

•       900 ettari di bosco

•       La più grande azienda Biologica vitata del Chianti Classico

Ospitalità

•       1 suite imperiale nel Castello

•       7 stanze superior nel Castello

•       4 stanze in stile toscano in Canonica

•       11 appartamenti nel Borgo Medievale

•       72 posti letto totali

•       1 Ristorante

•       1 Enoteca

•       1 Osteria

•       2 Piscine turistiche

Cantina

•       4400 mq

•       1 linea di imbottigliamento

Fino a 16.500 hl di spazio per vinificazione e stoccaggio