Leonardo Beconcini ed Eva Bellagamba gestiscono dal 1990 l’azienda che è di proprietà della famiglia Beconcini da quattro generazioni. Lui vignaiolo, lei marketing director, insieme condividono la stessa passione per la terra e per il vino di qualità. La storia dell’azienda si intreccia da sempre con quella della famiglia. I Beconcini lavoravano in queste terre già prima della seconda guerra Mondiale come mezzadri, alle dipendenze dei marchesi Ridolfi, proprietari di tutta l’area est di San Miniato.
Nel 1954, Giuseppe Beconcini, nonno di Leonardo, con sacrificio, riesce ad acquistare il podere in cui lavorava da sempre. Dal 1960, Pietro Beconcini dà una svolta all’attività e focalizza la sua attenzione sulla produzione di vino, assecondando la naturale vocazione di questa terra. Quando nel 1990 Leonardo subentra al padre nella gestione dell’azienda, si tratta di una naturale evoluzione delle cose. Nutrire quel legame con la terra che lo ha cresciuto era normale. Impianta nuovi vigneti ed amplia l’azienda che da 3 ettari passa a 14 ettari vitati. Leonardo con grande entusiasmo intraprende un’accurata selezione dei suoi vigneti, al fine di produrre vini di alta qualità, che siano l’espressione ed il cuore di un territorio.
Comincia a fare studi agronomici sui cloni di sangiovese per la produzione del “Reciso”, il vino più rappresentativo dell’azienda, quando si imbatte in una scoperta molto interessante, che cambierà non solo la produzione della sua azienda, ma anche il panorama enologico italiano.
Durante le sue ricerche, tra le varie piante di sangiovese, canaiolo ed altre tipiche della zona, risultano 213 ceppi di cui non si conosce la specie. Partono dunque gli studi che Leonardo effettua in collaborazione con l’Università Agraria di Milano e con l’Istituto Sperimentale di Selvicoltura di Arezzo. Per distinguerli dagli altri ceppi presenti nel vigneto Leonardo li identifica con il nome “X” poi rivelati essere Tempranillo, fino ad allora apparentemente mai coltivato in Italia.
Si tratta di un vitigno autoctono spagnolo e questa specie non risultava nell’elenco delle varietà coltivabili in Italia, perché ad oggi nessuno l’aveva mai trovata. Da quel giorno il percorso produttivo dell’azienda si è arricchito di un’ulteriore grande risorsa territoriale. Grazie a questa scoperta, con il Decreto 2754 del 12 giugno 2009-11-12 codice 345 Tempranillo N. nero viene iscritto all’Albo toscano.
Nel 2017 è stato impiantato il primo vigneto interamente clonale di Tempranillo da vigna storica su piede franco.