Secondo la selezione fatta nel 2021 da Vinitaly International Wine Guides – Wine Without Walls. Intanto l’azienda guarda avanti e sta studiando un vitigno sconosciuto alla scienza ritrovato nei vigneti
E’ toscano, della Fattoria Santa Vittoria di Foiano della Chiana (Ar) il miglior Vinsanto d’Italia secondo Vinitaly. Quest’anno non essendosi disputato in forma tradizionale il riferimento fieristico del vino italiano ha messo a disposizione una sorta di guida. Sono stati inviati e valutati complessivamente per tutte le categorie, più di 2000 vini da 8 nazioni e al Vinsanto di Santa Vittoria 2015 è stato assegnato il punteggio di 95/100 che è risultato essere il più elevato tra i Vinsanti ed il secondo più elevato anche considerando tutte le categorie dei vini valutati.
Santa Vittoria è una storica fattoria in Valdichiana, già facente parte nella Fattoria Granducale di Pozzo, acquistata nel 1864 dai Conti Mancini Griffoli e successivamente, nel 1980, dalla famiglia Niccolai. Proprio qui si può vedere e conoscere il processo di produzione di questo vino che ha una secolare tradizione e che affonda la proprie radici nelle pratiche enologiche degli antichi romani che usavano la stessa tecnica di appassimento delle uve, per ottenere vini dolci di alta gradazione. «E’ noto che il Vinsanto in Toscana è un vino di tradizione antichissima ed il procedimento si tramandava da padre in figlio, vanto delle famiglie che avevano anche qualche piccolo “caratello” (botticella) per vinificare modeste quantità di uve per avere un prodotto da offrire nel ricorrenze particolari – spiega così ai visitatori le pratiche adottate dall’azienda per ottenere un vino così pregiato e premiato il titolare dell’azienda, l’Avvocato Francesco Niccolai – qui ancora seguiamo il procedimento tradizionale che in fattoria è praticato da oltre un secolo».
«Per ottenere un ottimo Vinsanto bisogna anzitutto produrre un’uva adatta alla conservazione ed all’appassimento prosegue Niccolai – questa si ottiene lavorando bene nella vigna per produrre uva sana e “spargola,” cioè con i chicchi che sono ben distanziati, così che appassisca bene e non si formino muffe. Le uve sono quelle tradizionali il Trebbiano Toscano e la Malvasia del Chianti». A Santa Vittoria, come racconta il titolare, l’appassimento deve durare fino a quando non si raggiunge una concentrazione zuccherina non superiore al 35%. A questo punto le uve vengono pressate ed il mosto messo nei “caratelli” poi sigillati con ceralacca secondo la tradizione. Nei “caratelli” avviene sia la fermentazione alcolica che l’affinamento. Nella fattoria Santa Vittoria il Vinsanto invecchia per 5 anni, in questo periodo il prodotto si concentra e si riduce di oltre il 50%. Il Vinsanto, fatto con tutte le regole, ha costi di produzione molto elevati, tutte le lavorazioni sono fatti a mano e da 100 kg di uva, dopo tutti gli interventi in vigna, in appassitoio e nella vinsantaia per l’invecchiamento, si ricavano non più di 20 litri di prodotto.
«Si dice spesso che il Vinsanto è conosciuto ed apprezzato solo in Toscana – ancora Francesco Niccolai – ma questo non è più vero, prova ne è che circa la metà della produzione di Santa Vittoria viene esportata, prevalentemente negli Stati Uniti quindi se il prodotto è fatto bene si trovano ovunque degli estimatori». L’azienda è rimasta felicemente sorpresa quando loro importatore di New York ha segnalato che un gruppo di 5 ristoranti stellati, specializzati in cucina francese, non solo l’hanno inserito nella carta dei vini (a 100 dollari), ma lo suggeriscono espressamente in abbinamento ai dolci nei menù tipo che inviano ai loro clienti.
L’Avvocato Niccolai ci tiene a raccontare che qui hanno da poco recuperato la produzione di una vite di oltre 150 anni, di varietà ignota e che, sottoposta recentemente all’analisi del DNA, è risultato essere un vitigno sconosciuto. È in corso in azienda una sperimentazione per scoprire le qualità di questa uva ignota a cui poi si dovrà anche dare un nome e, accertata la qualità, chiederne il riconoscimento ufficiale.