Caluso (Torino), Acerenza (Potenza) e Campagnatico (Grosseto) finiscono nella lista dei 67 siti individuati per il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Sono le aree di tre importanti Docg italiane – l’Erbaluce di Caluso, l’Aglianico del Vulture e il Montecucco Sangiovese – da lungo tempo vocate all’enoturismo e alla sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Il presidente Floriano Zambon: “Una scelta incomprensibile e pericolosa”.
L’Associazione Nazionale dei sindaci dei 460 Comuni italiani a vocazione enologica si schiera a difesa dei territori e dei paesaggi agrari di pregio.
Città del Vino contro l’ipotesi di ospitare nei territori enoturistici il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. La lista dei siti “papabili” resa nota nei giorni scorsi da Sogin, la società statale incaricata di smantellare le centrali dismesse e di mettere in sicurezza le scorie nucleari a bassa e media intensità, comprende anche diverse aree Unesco e Comuni a forte vocazione enologica, come Caluso (Torino) patria del bianco Erbaluce di Caluso Docg, o il paese di Acerenza (Potenza), simbolo dell’Aglianico del Vulture Docg, fino a Campagnatico (Grosseto), terra del Montecucco Sangiovese Docg.
Le tre Città del Vino, ma anche tanti altri Comuni italiani (come Segesta e Butera in Sicilia e Gravina in Puglia) o territori Unesco – la Val d’Orcia con Pienza e Trequanda in Toscana – sono da anni impegnati a sostenere un’economia sostenibile basata sull’eccellenza agroalimentare e lo sviluppo turistico e ambientale di pregio; una strada intrapresa da molto tempo e che entra adesso in evidente contrasto con l’ipotesi di diventare la “discarica” italiana di rifiuti altamente pericolosi e inquinanti.
Lo afferma l’Associazione Nazionale Città del Vino che si schiera compatta accanto ai sindaci e ai produttori vitivinicoli che stanno protestando in tutta Italia dopo che è stata resa nota la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) per la costruzione del deposito nazionale. La carta individua 67 aree situate in 7 Regioni (Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia), alcune delle quali toccano importanti aree vinicole, enoturistiche e siti Unesco.
“Il problema non è legato soltanto alla tutela dell’ambiente e dei paesaggi agrari e culturali – afferma il presidente delle Città del Vino, Floriano Zambon – poiché una discarica di scorie realizzata in certi contesti territoriali, anche se con le più alte garanzie di sicurezza, provocherebbe un danno d’immagine incalcolabile e una perdita di attrattività e valore del territorio, con forti ripercussioni dal punto di vista turistico, economico e sociale. Chi programmerà un viaggio in un’area divenuta deposito di scorie nucleari? E che ripercussioni avrebbero sul territorio e sul paesaggio la nuova viabilità e le infrastrutture che dovranno essere realizzate?”.