La piccola Denominazione toscana in piena linea con il trend nazionale
Ripartire dal buono e il bello che abbiamo: sembra essere questo lo slogan dell’Italia delle eccellenze, messe a dura prova dalla pandemia di Coronavirus. E la vendemmia non è certo un’eccezione: un raccolto di ottima qualità, ma con quantità contenute rispetto al 2019, che rappresenta per l’Italia del vino e i suoi territori vitivinicoli un punto di partenza e speranza per il futuro.
I dati nazionali, elaborati da Assoenologi, Ismea e UIV-Unione Italiana Vini, parla di una produzione complessiva di vino e mosto di 46,6 milioni di ettolitri, con una lieve flessione del 2% rispetto ai 47,5 milioni di ettolitri del 2019, e anche un lieve calo rispetto alle prime stime di settembre, in cui si parlava di un raccolto totale di 47,2 milioni di ettolitri. Una vendemmia che ha visto, quindi una minore resa sia nel campo che in cantina, ma che vede crescere l’asticella della qualità, nonostante il maltempo abbia colpito, anche duramente, diverse zone dello Stivale.
La Toscana, tra le Regioni vinicole più prestigiose d’Italia, è quella che ha registrato la contrazione più importante nella raccolta, pari al -21%, insieme alla Sicilia (-20%), Umbria e Lazio (-10%). A confermarlo, sono anche i produttori della piccola quanto agguerrita Doc Orcia, che segue ampliamente il trend nazionale. Qui, tra le colline della Val d’Orcia Patrimonio Unesco, la vendemmia è stata scarsa in termini di volumi, con raccolti decisamente sotto la media, che arrivano in certi casi anche al -25% delle rese medie, ma giudicata all’unanimità ottima in termini di qualità. I grappoli erano sani, nonostante le difficoltà stagionali legate al caldo e alle siccità dell’estate, e alla piovosità dell’autunno, con buoni parametri organolettici. C’è da aspettarsi quindi che ne nasceranno vini di grande impatto gustativo e grande piacevolezza, con aromi complessi e fini.
E c’è altro: questa vendemmia, avvenuta in un momento pieno di incertezze, tra le difficoltà durante e dopo il lockdown, ha rappresentato per molti una boccata d’ossigeno, un’iniezione di fiducia e speranza.