Nei primi nove mesi del 2019 scovate oltre 15mila violazioni online: gli Stati Uniti peggio della Cina. Vino in polvere e Chianti ai mirtilli: la truffa colossale del web. Busi (Consorzio Vino Chianti): “Dopo due anni di lavoro le frodi sono in netto calo, ma non basta”.
C’è il Chianti in polvere e c’è il Chianti al mirtillo rosso: la creatività dei truffatori sul web non conosce limiti, un frode colossale e continuativa ai danni del Consorzio Vino Chianti che si è affidato ad un’agenzia specializzata di “cacciatori” per scovare le minacce che arrivano dalla rete e neutralizzarle. Un’attività di monitoraggio continuativa a tutela delle aziende e della reputazione del marchio che in quasi due anni ha dato buoni frutti.
Nei primi nove mesi del 2019 (da gennaio a settembre) i cacciatori di Griffeshield, azienda specializzata in nuove tecnologie informatiche a supporto delle medie e grandi aziende internazionali, hanno individuato oltre 15.600 minacce e ne hanno rimosse 10.700: per la gran parte si tratta di violazioni del marchio Chianti, vendita di vini Chianti contraffatti e vendita di etichette Chianti contraffatte.
La forma principale di frode è rappresentata dai cosiddetti wine kit, ovvero preparati chimici in polvere per fare il vino in casa al costo di un euro a bottiglia: ne sono state individuate e rimosse ben 6.000. Seguono oltre 3.000 casi di concorrenza sleale, cioè di Chianti falso spacciato per vero, e poco meno di 2.000 violazioni del marchio commesse attraverso la commercializzazione di etichette contraffatte. La principale piazza di frode sono siti web dedicati, come Italian Chianti style, Original Chianti, Vintners Reserve Chianti e World Vineyard Italian Chianti, seguiti dai principali marketplaces, come e-Bay e Amazon.
Alla fine del terzo trimestre 2019 Griffeshield ha rilevato e rimosso 4.852 nuove violazioni, segno del fatto che l’attività di monitoraggio non può essere mai interrotta, perché i truffatori si muovono velocemente spostandosi da una parte all’altra del web quando vengono scovati. I risultati dell’attività avviata all’inizio del 2018 sono però molto positivi: con un totale di minacce potenziali rilevate nel primo semestre 2018 pari a 71.891, dopo quasi due anni di operatività la situazione di presenta nettamente migliorata, con un totale di violazioni rilevate online pari a 15.638.
“Nel 2019 le violazioni individuate sono state un terzo rispetto all’anno precedente. Un netto calo, segno che il lavoro funziona – commenta il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi -. Ma è un dato che non ci permette di rilassarci: il lavoro di tutela del nostro brand e delle nostre aziende deve continuare in modo serrato e determinato perché i danni che queste truffe provocano sono milionari”.
La piazza peggiore sono gli Stati Uniti, perché da qui provengono i frodatori più difficili da disinnescare: il tasso di successo delle attività di “enforcement” (ovvero la pressione per rimuovere i prodotti sleali) è pari soltanto al 78% a causa della scarsa volontà di collaborare. Male anche nel Regno Unito, mercato principale dei wine kit, dove i truffatori tendono a scaricare la responsabilità sui fornitori e il tasso di successo delle richieste di rimozione si ferma al 91%. Paradossalmente il tasso di successo è pieno (100%) in Cina, dove tutte le operazioni di invito all’interruzione dei comportamenti scorretti vanno a buon fine.
“È uno sforzo enorme – conclude Giovanni Busi – che ci permette di eliminare la stragrande maggioranza delle violazioni e frodi che danneggiano il marchio Chianti nel mondo. Queste azioni hanno lo scopo di aumentare la pressione e quindi il rischio di incorrere in cause legali, educando la rete di vendita online a rispettare il marchio Chianti e soprattutto i diritti dei produttori dell’autentico vino Chianti”.