Dopo che il padre Franco Biondi Santi ha avuto la guida della cantina per ben 43 anni, dalla morte del padre Tancredi nel 1970 fino alla sua scomparsa a 91 anni nell’aprile 2013, oggi il timone de “Il Greppo” passa al figlio Jacopo. Classe 1950, come tradizione vuole nelle grandi famiglie, porta il nome di un personaggio importantissimo nella saga dei Biondi Santi, l’avo Jacopo Biondi, la cui nobil famiglia proveniva dalla città di Pomarance, che, sposando Caterina Santi, figlia di Clemente e generando Ferruccio Biondi Santi – garibaldino che riprese intorno al 1870 la selezione clonale del padre e del nonno Clemente, inventore del Brunello, ripiantando tutti i suoi vigneti e vinificando successivamente in purezza – creò appunto la dinastia dei Biondi Santi.
Rappresentante della sesta generazione della famiglia del Brunello, in Jacopo Biondi Santi, grande appassionato di caccia e mare, si equivale da sempre la voglia di custodire la tradizione del Brunello di Montalcino con l’altrettanto entusiastica carica di sperimentare, anche questa una delle passioni di famiglia, che aveva portato Clemente Santi, già nel 1867, a esser premiato per il suo Moscatello di Montalcino all’Esposizione Universale di Parigi. Jacopo respira fin dall’infanzia l’aria delle cantine del Greppo, apprendendo tutti i segreti del mondo del vino e, dopo varie sperimentazioni enologiche, nel 1997 decide di iniziare una sua personale avventura vitivinicola in terra di Maremma, acquistando il suggestivo castello di Montepò, una tenuta di ben 520 ettari. “Quando arrivai a Scansano c’erano solo tre ettari di vigneto – oggi ne sono a dimora 52 – ma scelsi questa tenuta perché ne intuii da subito le peculiari caratteristiche, ci sono infatti addirittura 14 varietà di galestro, presenti a seconda delle varie zone e dei diversi sali minerali disciolti nel terreno. Essendo Montepò su un colle, al centro di un’alta valle aperta verso nord, ha una particolarità microclimatica molto importante: è come avere a disposizione tutto il territorio di Montalcino, tutte le esposizioni e le altitudini da 0 a 600 metri, così ho potuto scegliere le varie microzone, dove ho piantato, secondo uno studio scientifi co climatico e microzonale, trasformando le caratteristiche del famoso clone BBS/11 (Brunello Biondi Santi, vite n°11), indirizzandolo dai profumi terziari, tipici dei vini da grande invecchiamento, ai profumi primari, quelli cioè propri di vini più immediati e intensi. Devo dire che sono davvero molto soddisfatto dei successi di questa mia nuova linea di vini Biondi Santi, che affianca alla grande tradizione del Brunello, con duecento anni di storia alle spalle, un‘innovazione frutto di un rigoroso studio scientifico, due linee di vini parallele con un’origine comune, grazie alla tipizzazione del prodotto, alla qualità, all’immagine e al legame vero con la terra”. Jacopo, ora che hai raccolto il testimone, come pensi di rapportarti con l’eredità della tua famiglia, quali saranno le linee guida che tracceranno il futuro? “Come successore in linea diretta di mio padre, imprenditore agricolo a titolo principale, voglio sottolineare che qui, dove è nato il Brunello, manterrò fedelmente la tradizione, sostanzialmente non si cambierà nulla di quanto fatto e custodito fino a oggi da mio padre Franco e dai nostri antenati. È una grossa responsabilità che mi sono preso anche per il mio senso di attaccamento al territorio. La nostra lunga tradizione è stata in grado di disegnare una realtà che è riconosciuta oggettivamente valida e prestigiosa dal mondo del vino e dal mercato. A Montalcino andremo avanti con assoluta continuità: il nostro Brunello sarà sempre lo stesso, con la stessa metodologia di produzione, con uve dalle nostre vigne di BBS/11, il clone di Sangiovese che venne tipizzato dal mio bisnonno Ferruccio Biondi Santi, la cui storicità è garantita dal tramandarsi di piante madre-figlia. E io difenderò questo patrimonio storico e qualitativo con la stessa dedizione e tenacia con cui lo ha fatto mio padre. L’innovazione per produrre tutt’altro tipo di vini continuerò a farla in Maremma, che considero come una seconda strada dei Biondi Santi, dove ho condotto ricerche sulla microzonazione che, peraltro, convalidano in maniera scientifica il concetto di cru alla francese, dato che si è dimostrato, studiando lo stesso clone BBS/11 portato da Montalcino, come la microzona cambi effettivamente le caratteristiche dell’uva e quindi del vino. Saranno due linee parallele, da un lato la tradizione, da difendere e conservare a Montalcino, tra le mura dove un vino-mito come il Brunello è nato e tra le vigne dove è davvero unico, dove il Sangiovese non è ‘un Sangiovese’ ma il clone specifico selezionato dalla mia famiglia, di cui, per altro, porta il nome, dall’altro la sperimentazione, portata avanti con quello spirito di ricerca anch’esso proprio della storia di famiglia e senza il quale, probabilmente, duecento anni fa non sarebbe nato neanche il Brunello, che cammineranno insieme in armonia, ma completamente separate”. Come saranno i vini del Greppo firmati Jacopo Biondi Santi? “Ci saranno certo dei piccolissimi aggiornamenti sul fronte produzione, ma che non andranno a intaccare minimamente le caratteristiche dell’uva. Per quanto riguarda la tipologia ‘Brunello Riserva’ non andremo a toccare nulla, piuttosto rivedremo, sempre con molto tatto, il periodo vendemmiale, la fermentazione e l’affinamento, ciò ci guiderà nel tempo verso una lenta evoluzione sia della tipologia ‘Brunello Annata’ che del ‘Rosso di Montalcino’, che verranno leggermente spostati verso caratteristiche organolettiche più improntate alla pronta beva, piuttosto che al grande invecchiamento, a cui è già destinato il ‘Brunello Riserva’. Il ‘Brunello Annata’ e il ‘Rosso di Montalcino’ dovranno essere prodotti più vicini al consumatore, l’obiettivo è arrivare subito all’eleganza, senza dover aspettare decenni. A mio avviso, soprattutto il Rosso di Montalcino deve essere un vino un pò più ‘rotondo’, che andrà consumato nei primi 5/10 anni di vita e questo si può fare lasciando inalterate le caratteristiche dell’uva, solo andando a modificare alcuni processi tecnologici. Ma tutto ciò non cambierà minimamente la filosofia e la mentalità del Greppo”. Come vedi dal Greppo la realtà del Brunello? “A Montalcino convivono molte idee discordanti su temi che, invece, dovrebbero esser condivisi in maniera omogenea e forte, sembra che si voglia andare verso strade sconosciute e c’è un malumore di fondo che bisognerebbe affrontare. Non si può pensare di cambiare il disciplinare del Brunello solo per ragioni e dinamiche puramente d’interesse personale o di mercato, non scordiamoci che ci sono voluti ben duecento anni per costruire la credibilità commerciale di questo prodotto. Al momento che si andasse verso un blend, come stanno facendo i nostri confi nanti, sarebbe per noi un clamoroso ‘autogol’, che forse potrebbe dare dei risultati economici iniziali, ma che, a distanza di anni, porterebbe a un progressivo degrado del mercato e a perdere le peculiarità delle microzone. Andare a tagliare al 15% con vitigni a bacca rossa che hanno tutt’altro tipo di evoluzioni, signifi cherebbe omologare un sistema di viticultura su terreni e realtà tra loro eterogenei, partendo proprio dai fattori climatici, così rimarrebbe impossibile individuare e riconoscere le diversità che i vari versanti del ‘continente Montalcino’ esprimono e che sono la nostra forza. Ciò che rende unica la realtà ilcinese, dal punto di vista del mercato, sono infatti le microzone, forse l’unica peculiarità che ci distingue, ma questo è un discorso che ancora a Montalcino non si è ben compreso. In un momento come questo, dove, grazie alle nuove tecnologie, è possibile creare vini identici in più parti del mondo, è opportuno per noi distinguerci creando molti diversi Brunello”. Al Greppo sempre botte grande? “L’affinamento in barrique non è pensabile, significherebbe andare completamente fuori strada per il Brunello sia in fatto di tipizzazione che di profumi, ha solo bisogno di un lento affinamento in botti grandi di rovere di Slavonia”. Pensi di continuare con la tradizione della ricolmatura aperta anche ai collezionisti, per cui le vostre antiche riserve sono un cult? “Certamente, il rito della ricolmatura è un’operazione preziosa, che al Greppo è stata effettuata fin dal 1927 per controllare lo stato di conservazione del vino e prolungare ancora per decenni la vita delle Riserve, che sono delle testimonianze vive della storia del vino italiano. La nostra cantina è stata le prima che ha introdotto la filosofia e la pratica dei vini da grande invecchiamento nella cultura enologica italiana. Anche il grosso acquisto nel marzo scorso da parte del ‘Bottled Investiment Fund’ guidato da Sergio Esposito di settemila bottiglie di Riserve Biondi Santi dal 1945 al 1975 per quattro milioni di euro, una della più grandi vendite della storia di vini ‘blue chip’ e la più grande nella storia dei vini italiani da investimento, è stata per noi una gran dimostrazione del valore oggettivo riconosciuto a livello internazionale alle nostre antiche Riserve. E nel “caveau” del Greppo riposano ancora due Riserve 1888, cinque Riserve 1891, tre Riserve 1925, cinque Riserve 1945, 258 Riserve 1955, 229 Riserve 1964 , 204 Riserve 1970 , 672 Riserve 1971, 954 Riserve 1975, fermandoci alle annate più vecchie, alcune delle quali mettiamo ancora a disposizione di appassionati e per degustazioni esclusive”. Caro Jacopo, tanti sinceri e calorosi auguri di cuore per questo tuo delicato e impegnativo compito al timone del Greppo… “Grazie, ma per concludere vorrei rendere omaggio a mio nonno Tancredi e a mio padre Franco. Mio nonno, con cui sono cresciuto e alla cui figura sono molto legato, ha avuto il merito di sistematizzare il protocollo di produzione del Brunello di Montalcino, tanto che fu uno degli ispiratori e promotori della creazione del disciplinare. Egli impresse nuovo slancio alla produzione, introdusse la pratica della ‘ricolmatura’ delle antiche Riserve (storica quella realizzata nel 1970 alla presenza dello scrittore Mario Soldati e del maestro della critica enogastronomica italiana Luigi Veronelli) con vino della stessa annata (la prima volta fu nel 1927 per le Riserve 1888 e 1891) e fu l’artefice della Riserva 1955, unico vino italiano inserito dalla rivista Usa ‘Wine Spectator’ tra i dodici migliori vini del Novecento al mondo. Mio padre ha avuto il gran merito di aver diffuso e consolidato la nostra immagine nel mondo ed è stato il grande difensore e custode della tradizione Biondi Santi. Mi piace ricordarlo durante la storica ‘degustazione del secolo’, tenutasi al Greppo il 28 settembre 1994, durante la quale presentammo ai più importanti giornalisti enoici del mondo 15 nostre Riserve, cento anni di Brunello Biondi Santi dal 1888 al 1988”.
Andrea Cappelli