Terrazze è il nome del nuovo rosso di Pietro Beconcini, prodotto con 9 vitigni autoctoni vinificati nella stessa vasca, per rispondere alla ricerca di piacevolezza con una gradazione alcolica contenuta e un tannino molto fine, croccante e setoso.
Un vino moderno, con soli 12.5 gradi alcolici, dal tannino molto limitato, che lo rende adatto ad essere gustato anche leggermente al di sotto della normale temperatura di servizio per i vini rossi e dunque godibile anche nei mesi più caldi. Spicca per la balsamicità, con un sorso che vira moltissimo sul mentolato; il risultato è un vino fresco, leggero ma di grande godibilità, risultato della massima espressione di concerto nella macerazione e fermentazione di 9 tipologie di uva.
Malvasia nera, Canaiolo, Colorino, Trebbiano nero, Ciliegiolo, Gran Noir, Tempranillo, Buonamico, Sanforte sono queste le 9 varietà di uve ritrovate negli antichi vigneti, che vengono vinificate nella stessa vasca. Si parte dal Malvasia Nera, il vitigno che matura più precocemente e poi, al giusto momento di maturazione, si procede per gradi con gli altri vitigni. Al momento della svinatura, il blend è già completo.
«Abbiamo acquistato 9 anni fa questo appezzamento di terreno in collina. – Spiegano Leonardo Beconcini e Eva Bellagamba, titolari dell’azienda – Era quasi allo stato boschivo e noi lo abbiamo ristrutturato per portarlo alla precedente vigoria vegetativa. Durante i lavori sono stati scoperti con grande entusiasmo degli antichi muretti che costituivano i terrazzamenti per la coltivazione della vite. Un patrimonio storico incredibile che abbiamo deciso di mantenere, sia dal punto di vista architettonico, dunque suddividendo anche noi i vigneti in terrazze e anche dal punto di vista di messa a coltura. Abbiamo infatti re impiantato le stesse tipologie di uva delle quali abbiamo trovato traccia nel terreno».
La storia un po’ fuori dagli schemi toscani per quanto riguarda: le tipologie di uva coltivate e le tecniche di vigneto, si devono a Giovanbattista Landeschi. Siamo a San Miniato nel 1700, questo parroco agronomo, decide di dedicarsi a progetti agricoli di grande interesse. Giovanbattista oltre ad aver impiantato qui le viti di Tempranillo, portate dai pellegrini spagnoli di passaggio e che oggi costituiscono il fiore all’occhiello dell’azienda, con i suoi Ixe e Vigna alle Nicchie, fu il precursore di questa tecnica di coltivazione, a terrazzamento. Tutte le colline del luogo erano infatti coltivate con questo sistema (illustrato anche nell’etichetta del vino) che permetteva di raggiungere uno scopo idraulico-agrario: un modello di gestione del territorio che permette di regolare la portata dei corsi d’acqua e difendere i versanti di colline e montagne dall’erosione, dalla perdita di suolo e dal rischio idrogeologico.