Pratiche agronomiche innovative e in armonia con la natura, rispetto per la biodiversità e collaborazioni con istituti di ricerca restano gli asset fondamentali del Montecucco
Negli ultimi anni si è parlato molto della grande vocazione green diffusa tra i produttori del Montecucco, un gioiello ancora incontaminato che dimora sotto la protezione del Monte Amiata, la cui produzione è ammessa nei sette comuni di Arcidosso, Campagnatico, Castel del Piano, Cinigiano, Civitella Paganico, Roccalbegna e Seggiano, tutti della provincia di Grosseto. Tra i filari del Montecucco, dove tra l’altro troviamo le rese per ettaro tra le più basse in assoluto, ovvero 70 q di uva per ettaro, si pratica una viticoltura sostenibile, da sempre. Un approccio che si traduce in un’alta percentuale di cantine biologiche, molte delle quali non hanno nemmeno mai visto un momento di conversione al bio, ma hanno preso subito questa direzione, sin dalla loro fondazione.
Per dare maggiore coerenza e concretezza ad un approccio produttivo che caratterizza questa regione vinicola sin dai suoi albori, negli ultimi mesi il Consorzio di Tutela si è impegnato in un lavoro di ricerca e raccolta dati attraverso un’indagine svolta su un campione di 30 aziende socie allo scopo di ricavare la percentuale di produzione in conversione e biocertificata all’interno del Montecucco: i risultati rivelano che ben l’85% delle aziende intervistate è certificato bio e il 2% in conversione. Percentuali altissime che confermano i dati del 2020 registrati e condivisi da ARTEA (Agenzia Regionale Toscana Erogazioni Agricoltura), che posizionavano la denominazione amiatina sul podio delle DOCG toscane con ben l’82% di Sangiovese DOCG biocertificato sul totale della produzione (hl/vino).
Vuoi perché le vigne furono impiantate su terreni non coltivati o abbandonati, vuoi perché, oltre ad essere una scelta etica, quella del Montecucco è sempre stata una strada “obbligata” – considerate le condizioni naturalmente favorevoli per la viticoltura dovute sia alla vicinanza al Mar Tirreno, con costanti venti asciutti, sia alla protezione del Monte Amiata – oggi siamo di fronte a un territorio integro: non si parla solo di vigneti, ma anche di originalità del territorio, di rispetto della biodiversità, di pratiche agronomiche in armonia con l’ambiente, di studi e di ricerche volte al miglioramento e all’innovazione.
“Il lavoro ‘pulito’ in vigna e in cantina è proprio nel DNA di questo territorio” dice Giovan Battista Basile, alla guida del Consorzio e primo produttore a dare il buon esempio sulla via della sostenibilità ambientale, e continua “I risultati di questa indagine, che ci ha impegnato molto negli ultimi mesi, ci porta non solo ad avere un riconoscimento di territorio ecosostenibile, ma ci incentiva a fare sempre meglio, considerato anche il numero di aziende attualmente in conversione: l’obiettivo è avere il 100% di produzione biologica. Il nostro territorio è naturalmente vocato alla sostenibilità, e siamo certi di poter ottenere risultati ancora migliori di questi. Il mio impegno come azienda parte naturalmente dalle buone pratiche agronomiche, come la lotta biologica e l’utilizzo di prodotti naturali per favorire una maggior resistenza della vite, come l’utilizzo di un’alga della costa atlantica del Canada dalle proprietà benefiche, agli impianti fotovoltaici in cantina e alla bioedilizia”.
Per raggiungere questi risultati virtuosi – e obiettivi futuri ancora più ambiziosi – sono certamente fondamentali i metodi ecocompatibili di controllo delle avversità, a partire dall’utilizzo di mezzi biologici e non chimici e dalle buone pratiche agronomiche. Ma non solo. Le aziende della DO Montecucco, infatti, sono in prima linea anche nella promozione di studi e progetti di ricerca per l’innovazione nell’ambito dell’ecosostenibilità ambientale, portati avanti con importanti Istituti e Centri Universitari a livello nazionale, come il programma Organic Wine (Università di Firenze) che ha come obiettivo principale il miglioramento delle pratiche colturali attraverso l’implementazione di soluzioni tecnologiche secondo i criteri dell’agricoltura di precisione per una minore dispersione nell’ambiente, o ancora Biopass (Biodiversità, paesaggio, ambiente, suolo, società, realizzato con il gruppo Agronomi SATA e in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università di Milano e la Fondazione Edmund Mach di S. Michele a/Adige), di cui l’azienda biologica Tenuta L’Impostino si fa da qualche anno portavoce in terra di Montecucco, volto ad analizzare la biodiversità e la vitalità del suolo e delle sostanze organiche in esso contenute.